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Ci sono cose nella nostra mente che, anche a distanza di anni e anni, rifioriscono, ritornano prepotentemente nei nostri pensieri.
Alla Civita, eravamo un gruppo di ragazzini che giocavano in piazza, la Seconda Guerra Mondiale per noi non esisteva se non per i nomi dei grandi personaggi che adottavamo: uno di noi era Truman, un altro Churchill e così via.
Ed ecco passare due carabinieri con le loro biciclette. 

Si avvicinano alla porta di un’abitazione. Non hanno ancora bussato che un urlo straziante si sente nell’aria.
Quell’urlo lo risento ancora, ancora più forte.
E ho mal di stomaco, sto male.
Quante volte, quante volte i carabinieri sono dovuti andare nelle case della gente per informare che il loro congiunto è caduto da eroe in combattimento.
Oddio quante volte.

Morire a venti anni per un ideale, senza neanche conoscere il significato di questa parola.
Ogni guerra ci ha dato tanti di questi eroi, ai quali va tutta la nostra ammirazione.
I loro nomi li sto inserendo gradualmente su “il Primato”, sempre con doveroso rispetto, ma con un malessere interiore ogni giorno più grande.
La guerra non ha vincitori né vinti, ma solo perdenti, tutti perdenti, e lascia una scia di dolore che non scomparirà mai.
Onoriamo i caduti di tutte le guerre. Onoriamoli in ogni caso, da qualsiasi parte abbiano combattuto

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