Alberto Lamarmora
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Generale, studioso e uomo politico piemontese.
Nasce da aristocratica famiglia a Torino il 7 aprile 1789 ed ivi vi muore il 18 maggio 1863.
Fratello di Alfonso e di Alessandro.
Frequenta l'accademia militare di Saint-Cyr, uscendone nel 1807 con il grado di sottotenente.
Combatte nell'esercito napoleonico, si distingue a Bautzen e viene decorato personalmente da Napoleone (1813).
Nel 1819 si reca in Sardegna, arrivandoci dopo dodici giorni di "sciagurata navigazione", per cacciare e studiare gli uccelli, con due amici geologi compagni d'avventura.
Forte tempra fisica, da militare da campo, il Lamarmora sa affrontare situazioni scomode e rischiose: passa 13 notti sul Limbara e 14 sul Gennargentu, per studiarne e registrarne gli aspetti geografici, zoologici, archeologici, storici ed etnologici dell'intera isola.
Pubblica due opere divenute famose, scritte in francese e in seguito tradotte in italiano.
Collabora per la realizzazione della Carta dell'isola e del regno di Sardegna, realizzata con strumentazioni scientifiche insieme a Carlo De Candia, che dà inizio alla cartografia geodetica dell'isola.
L'operazione cartografica rientra nella politica sabauda di allineamento della Sardegna al resto del regno, nell'approssimarsi di una superiore unità interstatuale.
I tre volumi del Viaggio in Sardegna dal 1819 al 1825, o Descrizione statistica, fisica e politica di questa isola (Parigi, 1826), cui si aggiunge l'Itinerario dell'isola di Sardegna (Torino, 1860), costituiscono un'autentica summa delle conoscenze sull'isola, con oltre 3700 pagine, due atlanti di 60 tavole e numerose xilografie.
I suoi studi e le sue osservazioni in tema sono molto utilizzati nell'analisi di fattibilità del Canale di Suez.Infatti, l'area di Porto Said e di Suez presentano caratteristiche simili a quelle delle coste della Sardegna.
Le sue considerazioni sono poi riprese da Luigi Negrelli e da Pietro Paleocapa ed hanno un ruolo primario nella costruzione del Canale.
Pirata stermina una famiglia e fugge
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La Stampa
18/7/2009
Pirata stermina una famiglia e fugge
A folle velocità sbanda con l'auto: quattro morti e quattro feriti gravi.
E' caccia all'uomo
FABIO ALBANESE
MAZARA DEL VALLO (TP)
Quattro donne uccise, altre quattro persone, tra cui due bambini, in ospedale, una intera famiglia annientata da un assurdo incidente stradale avvenuto ieri sera alla periferia di Mazara del Vallo. Tutti travolti da un’auto impazzita, pare condotta da un giovane tossicodipendente che è fuggito e che per tutta la notte polizia e carabinieri hanno cercato. Le vittime sono una donna di 83 anni, Susanna Siragusa, le sue figlie Filippa e Alda Andreani, 50 e 48 anni, e la figlia di Filippa, Concetta Li Mani, 32 anni. Erano sedute, assieme ad altri familiari, davanti all’uscio di casa, in via Vaccara, nei pressi del porto nuovo di Mazara, per cercare di sfuggire al caldo soffocante di questi giorni. Lo fanno in tanti nei piccoli e grandi paesi del Sud, la sera si tirano fuori le sedie e tutti siedono sul marciapiede davanti casa, a parlare e a guardare la tv.
Era così anche ieri sera, davanti casa di Susanna Siragusa, quando all’improvviso è sbucata dal fondo della strada una Golf che procedeva, sulla corsia opposta, a velocità elevata. Proprio all’altezza della casa dell’anziana donna il guidatore ha perso il controllo del mezzo, l’auto ha invaso l’altra corsia e ha puntato dritto contro il gruppo di persone: le ha travolte tutte come birilli, lasciandone per terra otto. Due delle donne sono morte sul colpo, le altre due dopo il ricovero nell’ospedale Abele Ajello dove sono stati portati anche gli altri quattro componenti del nucleo familiare coinvolti nell’incidente e rimasti feriti: due bambini, figli di Concetta Li Mani, una delle vittime, il padre della donna, Giuseppe Li Mani, e il marito della sorella morta, Alda, Antonino Ranti. Nessuno di loro, secondo le prime informazioni giunte dall’ospedale, è in pericolo di vita.
Mentre i vicini di casa prestavano i primi soccorsi, polizia e carabinieri si sono messi sulle tracce del pirata della strada; pare che qualcuno sia riuscito ad annotare il numero di targa dell’auto che risulterebbe appartenere ad un giovane tossicodipendente della zona. Gli agenti sono andati in casa sua ma non l’hanno trovato. In tutta Mazara, il paese con la più importante marineria del sud Italia e culla della tolleranza razziale per l’elevatissimo numero di extracomunitari che vi lavorano, sono stati istituiti dei posti di blocco mentre alcune pattuglie hanno cominciato a battere il paese e l’hinterland. «È solo questione di tempo, lo prenderemo», dicono al commissariato dove ritengono che l’uomo, nella sua folle corsa per le vie del paese, avesse avuto poco prima un altro incidente. Nella zona, infatti, è stata trovata un’auto parcheggiata con gravi segni di una collisione con un altro mezzo.
Rubano tutti, riassumete i ladri
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16/7/2009
"Rubano tutti, riassumete i ladri"
Due operai licenziati dopo un furto.
Il giudice: in quella ditta è pratica comune
PIERANGELO SAPEGNO
INVIATO A LIVORNO
L’azienda dove tutti rubavano il gasolio sta in fondo a questa sfacchinata, dopo il cavalcavia, darsena Pisa, sulla destra della banchina. Il mare e il sole. E otto litri di benzina in due da caricare sulla macchina. L’ultima volta era arrivata la Guardia di Finanza e li aveva presi, ecco lì dietro, «c’era un posto di blocco», dice il tipo con la maglietta bianca e la pancia di fuori, «loro erano due nostri colleghi, due bravi colleghi. Insomma, normali». La Società Neri Lavori Pubblici Srl «offre soluzioni flessibili per inquinamenti marittimi, salvataggi, dragaggi», come sta scritto qui sopra. Il comandante Enrico Mucci è molto più semplice: «Diamo assistenza alle navi per entrare e uscire dentro il porto». Con quel rimorchiatore lì? Sì, fa il tipo con la pancia di fuori, e gli scappa già da ridere. Ci dev’essere un bel pieno di benzina là dentro. Lui si gratta la nuca: «Mai preso gasolio da lì...».
«Che male c’è?»
Tira un po’ di scirocco, l’aria si appiccica alla camicia. Il tipo stacca la maglietta dalla pelle con la punta delle dita, e dice che non c’è nessuno dei due che stiamo cercando, Alessandro Galli e Angelo Mattera, quelli con gli 8 litri di benzina fermati dalla Finanza. Erano caduti dalle nuvole, quel giorno: «Che male c’è. Lo facciamo tutti». L’azienda li aveva licenziati. Il giudice del lavoro li ha reintegrati, appena l’altro ieri: «E’ vero, era un comportamento tollerato, fatto da tutti e tacitamente ammesso». Il signor Rosato è arrivato a precisare che lo facevano tutti addirittura dagli Anni Sessanta, quelli che lavoravano qui: la prendevano dal rimorchiatore, tanto chi vuoi che se ne accorgesse, 7 o 8 litri su trentamila. E il signor Baffigi è andato in aula ed è stato ancora più chiaro, a modo suo: «Lo sapevano tutti, è vero...». Ma era ammesso?, gli hanno chiesto. «Certo che era ammesso! L’ho fatto anch’io». Boia! L’azienda dove tutti rubavano il gasolio ha licenziato pure lui. E un po’ d’altri ne ha querelati. Anzi, fa il tipo con la pancia, «le consiglio molta prudenza. Qui l’unico che può parlare è il comandante Mucci». Lui, quindi, niente. Si rilassa: «Io sono 4 anni che lavoro qui e nessuno ha mai rubato il gasolio, né qui né altrove». Ah, diciamo, sì, altrove lo sappiamo. Lui fa vedere la parata di monitor, telecamere, come a dire che adesso ti controllano anche la borsa della spesa. «Ma noi non possiamo dir niente», aggiunge.
Il brutto è che anche Enrico Mucci, l’unico che può parlare, non dice niente: «Il nostro avvocato è la sola persona delegata dall’azienda».
«I furti son furti»
Insistiamo, inutilmente: ma è vero o no che tutti rubavano il gasolio in ditta? «Io dico soltanto che quelli sono furti. Non c’è solo il tribunale del lavoro che si occuperà di questa vicenda». Cioè, l’azienda dove tutti rubavano il gasolio alla fine s’è arrabbiata per davvero. L’avvocato, che si chiama Alberto Batini, ha modi molto affabili per spiegare che le cose non stanno proprio così, che vedremo, eccetera, che questa è solo la fase cautelare del processo, che per ora è stata sospesa l’efficacia del licenziamento, che se qualcuno o molti in azienda sapevano dei furti, non vuol dire che tacitamente li ammettevano. «Come ha testimoniato in aula il dottor Acconci della Polmare, molte volte li avevamo chiamati per fare delle indagini. Non c’erano mai stati prima dei provvedimenti disciplinari? Ma perché non li avevamo mai presi in flagrante. Non si avviano processi per un sospetto». Eppure, il giudice del lavoro Jacqueline Monica Magi ha spiegato nell’ordinanza di aver svolto un’indagine abbastanza accurata prima di prendere la sua decisione. Così, racconta di aver sentito parecchi testi, «che hanno reagito in modi diversi». E molti, dice, hanno ammesso, come il Taccini e il Camiciotti, che «le voci di queste appropriazioni c’erano». Qualcuno è arrivato a dichiarare che «l’azienda sapeva, ma non è mai intervenuta con sanzioni».
Per tirare le somme, sono sfilati in aula una quindicina di testi, tutti dipendenti dell’azienda. Tutti hanno detto che l’azienda sapeva. Tre o quattro che, oltre a sapere, tacitamente acconsentiva. E’ finita che un altro è stato licenziato, il Baffigi, tre querelati e un bel giorno hanno pure fatto tutti a botte, perché tra il dire e il fare, il sapere e l’acconsentire, ogni tanto serve una bella schiarita di idee. Se c’è stata, Maglietta con la Pancia, dice che non lo sa, che lui è da 4 anni lì e non ha visto niente, neanche che hanno fatto a botte. Nessuna schiarita. Ma l’azienda dove tutti rubavano il gasolio s’è incazzata davvero: Angelo Mattera e Alessandro Galli li ha ripresi, ma non li ha fatti entrare al lavoro, come spiega l’avvocato Giacomo Pasquinucci: «Li paga e basta». Ma non c’è niente da arrabbiarsi, dice. E’ una sentenza costituzionale: «Se prima hai sempre detto sì, non puoi far capire all’improvviso che la musica è cambiata con il provvedimento più duro».
Eccidio di Piazza Tasso
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“In questa piazza alla vigilia della Liberazione di Firenze il 17 luglio 1944 il fascismo sconfitto assassinava vilmente Ivo Poli di anni 9, Igino Bercigli, Corrado Frittelli, Aldo Arditi, Umberto Peri il loro ricordo nel clima della nuova democrazia dà la certezza dell'avvento di una civiltà di libertà e di giustizia. I cittadini di Oltrarno”.
È questa la scritta sulla lapide che, lungo i bastioni in piazza Tasso, ricorda il massacro perpetrato il 17 luglio 1944.
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