Ci sarebbe bisogno di una Europa diversa
di Guido Gentili*
Se i venti referendari (contro o anche pro-Europa, come nel caso della Scozia e dell'Irlanda del Nord) tirano ovunque, se i “popoli sovrani” sono in subbuglio, qualcosa vorrà pure dire.
A cominciare dalla plateale constatazione che mancano leadership politiche adeguate e che la sempre più autoreferenziale governance europea non riesce a colmare questo deficit.
Brexit dimostra che il re è nudo e che il futuro della Ue è più che mai scivoloso. Danimarca, Austria, Olanda, Ungheria, Repubblica Ceca: chi sarà il prossimo e chi potrà fermare l'onda lunga referendaria?
Dopo lo storico test britannico, sul quale è caduto il premier David Cameron (grande vincente alle elezioni del 2015), il rischio politico e le incertezze che ne derivano sono destinati a pesare e condizionare i mercati finanziari.
Gli stessi dubbi sull'Eurozona (già in deflazione e a corto di crescita forte) aumenteranno e non diminuiranno.
E nel club dell'euro i paesi ad alto debito - quello che detiene l'Italia è il più ingombrante e suscettibile di mettere a rischio l'intera area- possono essere più facilmente presi di mira dai mercati.
In campo c'è la Banca Centrale Europea, che funziona da ultimo stopper, ma anche in questo caso è lecito domandarsi quanto potrà durare la sua supplenza in assenza della leadership politica.
«Avanti in 27», «l'Unione non finirà», dice il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. Ma avanti per andare dove?
La Cancelliera tedesca Angela Merkel ha convocato per lunedi a Berlino (dopo le elezioni in Spagna, dove si annuncia un altro voto problematico rispetto all'Europa) un vertice con Francois Hollande e Matteo Renzi.
I tre maggiori paesi europei sono, ciascuno, alle prese con problemi interni.
Nel 2017 si vota in Germania e in Francia, ad ottobre si terrà in Italia il referendum costituzionale che si sta trasformando su un sì o no politico a Renzi, soprattutto dopo la sconfitta alle elezioni comunali che hanno visto la vittoria del Movimento 5 Stelle.
Le incognite superano in tutti e tre i casi le certezze, la speranza è che l'appuntamento berlinese sia occasione per un confronto vero sul da farsi tenuto conto della realtà scoperchiata da Brexit.
Insomma, una prova di leadership autentica verso il cambiamento e non una logora riproposizione dello status quo che i venti referendari stanno spazzando via.
Di tutto abbiamo così necessità meno che di uno stanco richiamo all'asse franco-tedesco “allargato” all'Italia o del vuoto «più Europa» come reazione all'uscita britannica.
Ci sarebbe bisogno di un'Europa diversa, questo sì, che colga il segnale inglese e che apra le sue porte alle domande che vengono dai suoi cittadini.
Asserragliarsi in un bunker di parole usurate non ha senso, e una difesa del genere non farebbe che accrescere i problemi sui mercati.
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