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Non c'è più tempo per la psicoanalisi

Calano le sedute ma i farmaci fanno boom. Colpa della crisi? Non solo, dicono gli esperti.

di Stefano Rizzato*  

Un tempo, questo era il periodo preferito dagli psicologi. Quello del brusco ritorno alla realtà, dopo le vacanze estive. I giorni in cui vengono a galla desideri insoddisfatti e ansie da prestazione.

Il periodo in cui alcuni passavano dal lettino in spiaggia a quello nello studio dell’analista. Ma la crisi, che ha ridisegnato tempi e forme delle vacanze degli italiani, oggi inizia a farsi sentire anche tra i seguaci di Freud e Jung.

Il calo delle ore di psicoanalisi (non esistono statistiche ufficiali, ma tutti confermano) è intorno al 20 per cento. Una seduta su cinque è stata cancellata dalle agende degli specialisti italiani.

«Non è una stima esagerata - conferma Stefano Bolognini, presidente della Spi, la Società Psicoanalitica Italiana - c’è una fascia di persone, anche motivate ad andare a fondo dei loro problemi, che ora faticano a fare le tre o quattro sedute settimanali tipiche dell’analisi tradizionale.

Sempre più spesso lo psicologo deve concordare l’onorario e rivedere la terapia per venire incontro alle esigenze del paziente».
È la spending review applicata allo spirito. L’ennesimo taglio dato ai consumi meno strettamente necessari. «C’è chi sta provando approcci più mirati - spiega ancora Bolognini - ma la verità è che si fa quel che si può: si cerca di sopperire al meglio alla diminuzione del tempo a disposizione. E si prova anche a porre un freno all’uso indiscriminato di farmaci per controllare l’umore».

Eccolo, l’altro grande nemico degli psicologi d’Italia: la pillola che risolve tutto, almeno in apparenza. L’antidepressivo prescritto da sempre più medici di famiglia. I numeri, da soli, spiegano le dimensioni del fenomeno: nel 2011 gli italiani hanno speso in antidepressivi la bellezza di 493,3 milioni.

Dal 2003 a oggi, in media le prescrizioni sono aumentate del 5,4% l’anno. «A volte c’è anche un problema di terminologia dice ancora Bolognini - tendiamo a chiamare depressione anche la comune tristezza, la malinconia che è anche giusto provare in alcune fasi della vita.

Ad esempio, è sbagliatissimo ricorrere agli antidepressivi nei casi di lutti, per provare a “curare” una perdita che va elaborata e che solo così si può superare».

Ecco che allora che in diverse città si sta diffondendo lo «Psicologo in farmacia», un servizio gratuito che vede professionisti e enti locali collaborare in una sorta di pronto soccorso per l’animo. Di solito, è previsto un appuntamento settimanale e un massimo di tre sedute per ogni paziente.

A Milano s’iniziò nel 2009, ma il servizio s’è poi esteso anche a Roma: a Torino un’iniziativa analoga dovrebbe partire in autunno, con 86 farmacie e 250 psicologi che hanno già dato la disponibilità a partecipare.

Spiega Roberta Fuga, che coordina il progetto romano: «In tre sedute non è difficile capire se un problema è un malessere normale o se siamo di fronte a un quadro di tipo psichiatrico da affidare a uno specialista. Non è una vera analisi, ma un percorso come questo permette comunque un primo approccio al problema».

E così, secondo qualcuno, la crisi applicata ai lettini non è solo un male. «Può essere l’occasione per un ritorno alle origini sostiene Giuseppe Pellizzari, che dirige il Centro Milanese di Psicoanalisi - non dimentichiamo Freud diede origine alla nostra scienza nella Berlino degli Anni 20, in un momento e in un contesto di grandi difficoltà.

L’obiettivo era quello: andare incontro ai bisogni della gente. Si può fare anche oggi. A Milano abbiamo diversi consultori gratuiti o a prezzi ridotti, ai quali si può rivolgere chiunque».

*www.lastampa.it

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