Diversamente liberi
di Gino Di Tizio
Michele Santoro, la Rai e i giornalisti “diversamente liberi”
Fino a che nella Rai ci saranno i partiti come editori di riferimento ogni discorso di informazione libera risulta fatalmente falsato.Nel confuso panorama della informazione italiana, soprattutto quella che si esprime con i mezzi televisivi, ci sono giornalisti liberi e altri “diversamente liberi”, come sostiene Michele Santoro? L’argomento ha trovato molto spazio su giornali e nelle stesse Tv.Nel nostro piccolo ce ne occupiamo anche noi, nella convinzione che la libertà di stampa sia davvero un grande valore da tutelare in questa nostra società.
Siamo convinti però che la tutela vada esercitata non soltanto contro chi cerca di limitare questa libertà, abusando del potere che detiene, ma anche da chi facendo parte del sistema a sua volta abusa del ruolo che occupa per portare avanti battaglie personali che poco aggiungono o tolgono al problema della libertà di stampa.
Siamo nel mestiere dal 1957 e chi scrive, in Abruzzo, è stato il primo giornalista della carta stampata a dedicarsi, in tempi pioneristici, al nuovo rappresentato da radio (Radio Elle) e televisioni (Telemaiella e poi Tvl e Rete8) e può rendere testimonianza documentata di come le cose andavano nel settore. Intanto per dire che in mamma Rai non avevi nessuna possibilità di entrare senza una forte sponsorizzazione politica.
Allo stesso Michele Santoro qualcuno dovrebbe chiedere come ha fatto ad entrare in Rai, quando a Salerno dirigeva un settimanale locale e faceva parte della segreteria dell’allora Pci.
Non contò nulla la sua militanza politica? Ovviamente non possiamo rispondere, ma possiamo tranquillamente dire che da queste parti senza la benedizione della Dc, ma anche del Psi e del Pci non c’era meritocrazia che potesse contare.
Ogni giornalista doveva passare sotto quelle forche caudine.
E nella stampa scritta qual era il livello di libertà? Molto scarso, credeteci, se è vero, come è vero, che quando la gente abruzzese scese in campo contro l’insediamento nella Val di Sangro di una industria chimica, la Sangrochimica, nessun giornale, salvo allora Il Mezzogiorno, che forse anche per questo suo comportamento ebbe vita breve, ne parlava.
Addirittura scioperi con migliaia di persone in piazza non trovavano alcuno spazio. Silenzio assoluto anche nei tg della rai.L’informazione era colonizzata dai giornali romani, che avevano edizioni locali. Solo con l’avvento de Il Centro, dopo la breve parentesi de Il Mezzogiorno, qualcosa si è mosso.
Chi rimpiange comunque i tempi andati dell’informazione, perché ritiene quella di oggi condizionata dai poteri forti, mistifica la realtà. Ieri era peggio, perché mai, possiamo tranquillamente affermarlo senza tema di smentita, il livello di libertà è stato così ampio nella stampa e nelle televisioni.
Il problema vero semmai è nei giornalisti e nella loro capacità e volontà di tenere la schiena dritta.
Che possano però venire lezioni dal mondo della Rai di Stato, dove, come rivelò Bruno Vespa, da sempre ci sono stati e ci sono i partiti politici come “editori di riferimento” ci appare francamente inaccettabile.
Anzi, confessiamo che proprio rispetto a quei giornalisti, costretti per lavorare a chiedere l’appoggio del politicante di turno, ci sentiamo davvero “diversamente liberi”.