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Il Festival di Perpignan celebra il fotogiornalismo

Visa pour l'Image, il festival che celebra il fotogiornalismo

Visa pour l’Image è un festival fondato nel 1988 in Francia, a Perpignan, da Jean-François Leroy per celebrare l’arte del fotogiornalismo: una professione messa ai giorni nostri in seria difficoltà dalla diffusione del citizen journalism e della rapida diffusione di smartphone e dispositivi mobili, ma la cui importanza non può essere sottovalutata.

All’epoca della fondazione di Visa pour l’Image Leroy lavorava per l’agenzia francese Sipa Press, e si accorse che dell’assenza di festival specifici dedicati al fotogiornalismo.

Nel primo anno, 123 tra fotografi e fotoeditor parteciparono al festival. Per alcuni fu un flop. Ma nel corso degli anni, più di 3000 professionisti, compresi 1200 fotografi da 58 paesi, hanno partecipato: un numero destinato a salire.

Tante cose sono cambiate nel settore, tra cui l’adozione quasi totale della foto digitale e l’onnipresenza di Internet nella diffusione delle immagini.

Ma la missione di Jean-François Leroy è ricordare a tutti che le foto destinate a rimanere nella memoria di tutti sono quelle dei fotogiornalisti, gente che sa che raccontare una storia per immagini è più che fare un semplice click.

Ecco perché, nell'era di Twitter e dell'iPhone, servono ancora i giornalisti

A giugno, il Chicago Sun-Times ha licenziato tutto il suo staff fotografico. E la domanda che tutti si sono posti è quella di sempre: esiste ancora il fotogiornalismo?

Per alcuni, l’era dell’iPhone ha definitivamente imposto l’idea che chiunque può essere un fotografo. E in alcuni casi è vero, alcune delle prime immagini di eventi di importanza mondiale (pensiamo alle bombe alla maratona di Boston o alle rivolte della primavera araba) sono arrivate dagli account Twitter di chi era sul posto.

Ma la missione di Jean-François Leroy è ricordare a tutti che le foto destinate a rimanere nella memoria di tutti sono quelle dei fotogiornalisti, gente che sa che raccontare una storia per immagini è più che fare un semplice click.

“Se sei un fotografo, di rado fai una foto per caso. Lavori, fai ricerche, parli con le persone, ti documenti, studi la posizione, racconti una storia” spiega Leroy: “Sei un giornalista, qualcuno di cui la gente si fida.

Il mondo ha bisogno di questo”. E questo è lo spirito di Visa pour l’Image, il festival fondato da Leroy per celebrare l’arte del fotogiornalismo. Le due settimane di festival, arrivano al 25esimo anno, partono il 31 agosto a Perpignan, Francia.

Molti del fotografi presenti rischiano la vita ogni giorno per raccontare la guerra e la sofferenza umana. Tra loro, Joao Silva, che ha perso le gambe dopo essere saltato su una mina mentre era in Afghanistan nel 2010 per il New York Times.

Oppure Goran Tomasevic, che ha raccontato il fronte siriano negli ultimo anni, o Phil Moore, di Agence France-Presse, che ha documentato le vicende dei ribelli in Congo.

Visa pour l’Image è considerato uno dei più importanti foto festival del mondo: è stato fondato nel 1988, quando Leroy si accorse che c’era una mancanza di considerazione nei confronti del fotogiornalismo.

All’epoca, c’erano festival per la fotografia di moda, o artistica, ma non per il fotogiornalismo. Leroy lavorava per l’agenzia francese Sipa Press, anche se insiste di essere stato il “peggior fotografo al mondo”.

Nel primo anno, 123 tra fotografi e fotoeditor parteciparono al festival. Per alcuni fu un flop. Ma nel corso degli anni, più di 3000 professionisti, compresi 1200 fotografi da 58 paesi, hanno partecipato: un numero destinato a salire.

Tante cose sono cambiate nel settore, tra cui l’adozione quasi totale della foto digitale e l’onnipresenza di Internet nella diffusione delle immagini.

E questo ha creato molti problemi allo status del fotogiornalismo, e portato ai tagli di budget nei giornali, che ora si appoggiano a freelance o addirittura a dilettanti armati di telefono cellulare, facendo del fotogiornalismo, per molti, una professione morente.

Ma secondo Leroy, eventi come Visa pour l’Image offrono la prova che il fotogiornalismo è tutt’altro che morente. “La gente lo dice ogni anno, e noi ogni anno proviamo l’opposto”.

L’industria del giornalismo è travolta dalle fotografie. Ma rimane il problema la fiducia per le fonti, di chi scrive o di chi fa la foto, in un’epoca in cui ogni informazione può essere manipolata da governi, istituzioni o persone.

“Quello che dico è che abbiamo ancora bisogno di veri giornalisti, che siano testimoni e che siano affidabili”.

www.yahoo.com

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