LA LEGGENDA DELLE AMAZZONI DELLA FORESTA
La corsa alla città delle donne
Una fantomatica comunità di lesbiche in Svezia fa impazzire i maschi cinesi
MARINA VERNA – La Stampa
La chiamano Chako Paul City ma non è segnata su nessuna mappa, neppure su quelle della Cia. In Svezia nessuno l’ha mai vista, in Europa nessuno ne ha mai sentito parlare. Eppure ci vivrebbero 25 mila persone, più che in qualunque altra città del grande Nord. Tutte e solo donne, rabbiose per l’astinenza sessuale, quando non lesbiche per disperazione. L’idea di questa orda insoddisfatta ha eccitato gli animi puritani dei cinesi, che a milioni hanno preso d’assalto i siti web e le agenzie di viaggio per cercare di arrivare là dove cinquant’anni fa pure gli italiani volevano arrivare.
Le donne di Chako Paul City sono bionde, belle e vigorose, fanno le boscaiole. Per un incontro fugace con un amante devono uscire dalla città di nascosto e, prima di tornare, seguire un rito purificatorio. Forse solo un bagno, forse qualcosa di più complesso, essendo quella la terra dei trolls. Ed essendo assolutamente necessario evitare il contagio con il bacillo dell’amore per un uomo. La città, secondo le notizie diffuse in Cina da alcune tv e dall’agenzia di stampa Xinhua, sarebbe stata costruita nel 1820 da una ricca vedova che detestava gli uomini e investì la fortuna ereditata da uno di loro nella costruzione di una comunità segreta fatta solo di donne, che si sostentava - e continua a sostentarsi - piantando, tagliando e vendendo alberi. Il divieto di ingresso ai maschi verrebbe fatto rispettare da due gigantesse bionde di guardia alla città e del suo castello. L’impudente che ci provasse verrebbe picchiato a morte, a meno di non scappare prima.
Queste le voci che si rincorrono su Internet, inutilmente smentite dall’Associazione svedese delle Autorità Locali. «Chako Paul City non esiste - continua a ripetere al telefono il portavoce -. Con 25 mila abitanti sarebbe la città più grande della Svezia settentrionale e non riesco proprio a immaginare come potrebbe restare nascosta, per di più per 150 anni». Parole inutili. La stampa cinese continua a fornire informazioni sul luogo mitico e le agenzie di viaggio spediscono i curiosi nella città più vicina, Umea. Dove effettivamente il turismo sta crescendo a ritmi curiosi, per una città che ha poco da offrire, se non i suoi centri di biotecnologie e la nomina a Capitale europea della cultura 2014.
Nulla però riesce a trattenere i cinesi, disposti a molto soffrire pur di riuscire a sedersi al tavolo di un ristorante o infilarsi nel letto di un albergo insieme a una di quelle donne che, scrive la stampa cinese, «sono diventate lesbiche perché non riuscivano a sopprimere i loro istinti sessuali». Epigoni di dinastie di maschi che si sono nutriti con le leggende più inverosimili. Come quella dell’isola nell’Oceano indiano raccontata nel Libro delle meraviglie dell’India, un’opera araba del X secolo, in cui si raccontava di donne che danzavano nude «cantando come pernici» e, quando sbarcava un equipaggio di marinai, «s’avventavano in mille e subito li portavano sui monti a godere di sé, senza smettere, contendendosi ogni uomo». Quelli, spossati, morivano a uno a uno. Questi sperano di non pagare un prezzo così alto.
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