Giorgio Ambrosoli, avvocato, nasce il 17 ottobre 1933 a Milano, e muore l’11 luglio 1979.
Fu assassinato l'11 luglio 1979 da un sicario ingaggiato dal banchiere siciliano Michele Sindona, sulle cui attività Ambrosoli stava indagando, nell'ambito dell'incarico di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana dello stesso Sindona.
Nato da una famiglia borghese di forte impronta cattolica e conservatrice, figlio dell'avvocato Riccardo Ambrosoli (impiegato all'ufficio legale della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde) e Piera Agostoni, dopo aver ricevuto "un’educazione fondata su una robusta fede cattolica", frequentando il Liceo classico "Manzoni" di Milano, Ambrosoli si lega a un gruppo di studenti monarchici e finisce per militare nell'Unione monarchica italiana.
Seguendo le orme del padre, nel 1952, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano e, dopo il conseguimento della laurea nel 1958, con una tesi in diritto costituzionale sul Consiglio Superiore della Magistratura e l'esame da procuratore, inizia l'attività professionale nello studio dell'avvocato Cetti Serbelloni.
Nel 1962 sposa, nella chiesa di San Babila a Milano, Anna Lori. Dal matrimonio nasceranno tre figli: Francesca (nel 1968) Filippo (nel 1969) e Umberto (nel 1971).
Dopo alcuni anni di attività, nel 1964, inizia a specializzarsi nel settore fallimentare delle liquidazioni coatte amministrative e viene chiamato a collaborare con i commissari liquidatori della Società Finanziaria Italiana.
Nel settembre 1974 fu nominato dall'allora governatore della Banca d'Italia Guido Carli commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, guidata sull'orlo del crack finanziario dal banchiere siciliano Michele Sindona, al fine di esaminarne la situazione economica prodotta dall’intricato intreccio tra la politica, alta finanza, massoneria e criminalità organizzata siciliana.
I sospetti sulle attività del banchiere siciliano nascono già nel 1971, quando la Banca d'Italia, attraverso il Banco di Roma, inizia a investigare sulle attività di Sindona nel tentativo di evitare il fallimento degli Istituti di credito da lui gestiti: la Banca Unione e la Banca Privata Finanziaria.
L'allora governatore Guido Carli, chiaramente motivato dalla volontà di non provocare il panico nei correntisti, decide quindi di accordare un prestito a Sindona, anche in virtù della benevolenza dell'amministratore delegato dell'istituto romano Mario Barone.
Quest'ultimo fu cooptato come terzo amministratore, modificando appositamente lo statuto della banca stessa, che ne prevedeva solo due: nel caso specifico, Ventriglia e Guidi.
Tale prestito fu accordato con tutte le modalità e transazioni necessarie e fu incaricato il direttore centrale del Banco di Roma, Giovanbattista Fignon, di occuparsi della vicenda.
Le banche di Sindona vennero fuse e prese vita la Banca Privata Italiana di cui Fignon divenne vicepresidente ed amministratore delegato. Contro tutte le aspettative, Fignon andò a Milano a rivestire la carica e comprese immediatamente la gravità della situazione.
Stese numerose relazioni, ricostruì le operazioni gravose messe in piedi da Sindona ricostruendo il sistema societario messo in piedi dal banchiere di Patti e dai suoi collaboratori e ne ordinò l'immediata sospensione.
Falsificando le scritture contabili e usando la Fasco AG come uno schermo per le sue avventure finanziarie usa indebitamente la liquidità depositata presso le due Banche milanesi (Banca unione e Banca privata finanziaria) che all'epoca in cui viene nominato Ambrosoli sono state da poco fuse - anche se solo sul piano formale - nella Banca privata italiana, come mostra la Prima relazione del commissario liquidatore redatta da Ambrosoli nel 1975.
Nel settembre del 1974, Fignon consegnò a Giorgio Ambrosoli la relazione sullo stato della Banca. Fignon continuò nel suo operato, tanto da essere citato anche nelle agende dell'avvocato Ambrosoli, che nulla poteva immaginare di ciò che sarebbe seguito.
Ciò che emerse dalle investigazioni indusse, nel 1974, a nominare un commissario liquidatore che venne individuato nella figura di Giorgio Ambrosoli.
In questo ruolo, Ambrosoli assunse la direzione della banca e si trovò ad esaminare tutta la trama delle articolatissime operazioni che il finanziere siciliano aveva intessuto, principiando dalla controllante società "Fasco", l'interfaccia fra le attività palesi e quelle occulte del gruppo.
Nel corso dell'analisi svolta dall'avvocato emersero le gravi irregolarità di cui la banca si era macchiata e le numerose falsità nelle scritturazioni contabili, oltre alle rivelazioni dei tradimenti e delle connivenze di ufficiali pubblici con il mondo opaco della finanza di Sindona.
Contemporaneamente a questa opera di controllo Ambrosoli cominciò ad essere oggetto di pressioni e di tentativi di corruzione.
Queste miravano sostanzialmente a ottenere che avallasse documenti comprovanti la buona fede di Sindona. Se si fosse ottenuto ciò lo Stato Italiano, per mezzo della Banca d'Italia, avrebbe dovuto sanare gli ingenti scoperti dell'istituto di credito.
Sindona, inoltre, avrebbe evitato ogni coinvolgimento penale e civile.
Ambrosoli non cedette, sapendo di correre notevoli rischi.
Nel 1975 indirizzò una lettera alla moglie in cui scrisse:
« Anna carissima,
è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente dì ogni colore e risma non tranquillizza affatto.
E' indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l'incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ricordi i giorni dell'Umi, le speranze mai realizzate di far politica per il paese e non per i partiti: ebbene, a quarant'anni, di colpo, ho fatto politica e in nome dello Stato e non per un partito.
Con l'incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato - ne ho la piena coscienza - solo nell'interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo.
I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie.
Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto [... ] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa.
Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell'altro.. Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi (...) Giorgio »
Nel corso dell'indagine emerse, inoltre, la responsabilità di Sindona anche nei confronti di un'altra banca, la statunitense Franklin National Bank, le cui condizioni economiche erano ancora più precarie. L'indagine, dunque, vide coinvolta non solo la magistratura italiana, ma anche l'FBI.
Ai tentativi di corruzione fecero presto seguito minacce esplicite. Malgrado ciò, Ambrosoli confermò la necessità di liquidare la banca e di riconoscere la responsabilità penale del banchiere. Nella sua indagine sulla banca di Sindona, Ambrosoli poté contare solo su Ugo La Malfa come referente politico, mentre il maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre gli fece da guardia del corpo.
Nonostante le minacce di morte, infatti, ad Ambrosoli non fu accordata alcuna protezione da parte dello Stato.
In Bankitalia, poté contare sul sostegno di Paolo Baffi, il governatore, e di Mario Sarcinelli, capo dell'Ufficio Vigilanza, ma solo fino al marzo del 1979, quando entrambi furono incriminati per favoreggiamento personale e interesse privato in atti d'ufficio nel corso di un'inchiesta sul mancato esercizio della vigilanza sugli istituti di credito legata al caso Roberto Calvi-Banco Ambrosiano.
Entrambi furono però integralmente prosciolti in istruttoria nel 1981.
Baffi si dimise il 16 agosto 1979, lasciando l'incarico di Governatore a Carlo Azeglio Ciampi, mentre per Sarcinelli fu eseguito il mandato di arresto in carcere.
In questo periodo Ambrosoli ricevette una serie di telefonate intimidatorie anonime nelle quali il suo interlocutore, indicato da Ambrosoli con il termine convenzionale di "picciotto", per via del suo accento siciliano, gli intima, via via sempre più in maniera esplicita, di ritrattare la sua testimonianza resa ai giudici americani che indagavano sul crack del Banco Ambrosiano, fino a minacciarlo di morte.
Solo nel 1997, nell'ambito del processo al senatore Giulio Andreotti, a Palermo, grazie alle rivelazioni del pentito Giacomo Siino, l'autore delle telefonate anonime fu identificato in Giacomo Vitale, massone e uomo d'onore, nonché cognato del boss mafioso Stefano Bontate.
In un clima di tensione e di pressioni anche politiche molto forti, Ambrosoli concluse la sua inchiesta. Avrebbe dovuto sottoscrivere una dichiarazione formale il 12 luglio 1979.
La sera dell'11 luglio 1979, rincasando dopo una serata trascorsa con amici, Ambrosoli fu avvicinato sotto il suo portone da uno sconosciuto.
Questi si scusò e gli esplose contro quattro colpi 357 Magnum.
Ad ucciderlo fu il malavitoso americano William Joseph Aricò, la pistola l'aveva comprata da Henry Hill (Il pentito, sulla cui vita reale si basa il film di Martin Scorsese del 1990, Quei bravi ragazzi) che era stato dal 1974 al 1977 suo compagno di cella nel penitenziario di Lewisburg insieme a Robert Venetucci.
Il killer fu pagato da Sindona con 25 000 dollari in contanti ed un bonifico di altri 90 000 dollari su un conto bancario svizzero; a mettere in contatto Aricò con Sindona era stato il suo complice Robert Venetucci (un trafficante di eroina legato a Cosa Nostra americana) mentre, nei pedinamenti ad Ambrosoli per preparare l'omicidio, Aricò era stato accompagnato da Giacomo Vitale, l'autore delle telefonate anonime.
Nessuna autorità pubblica presenziò ai funerali di Ambrosoli, ad eccezione di alcuni esponenti della Banca d'Italia.
Nel 1981, con la scoperta delle carte di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi, si ebbe la conferma del ruolo della loggia massonica P2 nelle manovre per salvare Sindona.
Il 18 marzo 1986, a Milano, Michele Sindona e l'italo-americano Robert Venetucci furono condannati all'ergastolo per l'uccisione dell'avvocato Ambrosoli.
Giorgio Ambrosoli non ebbe grandi riconoscimenti, nonostante il sacrificio estremo con cui aveva pagato la sua onestà e il suo zelo professionale.
Secondo Carlo Azeglio Ciampi, «Ambrosoli era il cittadino italiano al servizio dello Stato che fa con normalità e semplicità il suo compito e il suo dovere».
Giulio Andreotti ha invece dichiarato: «è una persona che in termini romaneschi "se l'andava cercando"», per poi precisare di voler «fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto con il difficile incarico assunto».
Il primo omaggio alla figura di Ambrosoli fu il libro di Corrado Stajano, intitolato "Un eroe borghese".
Dal libro è stato tratto nel 1995 il film omonimo diretto da Michele Placido.
Nell'anno 2000 il comune di Milano, durante il primo mandato del Sindaco Gabriele Albertini, dedicò una piccola piazza a Giorgio Ambrosoli in zona Corso Vercelli, e tre borse di studio.
Nel 2009, Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, anch'egli educato nella fede cattolica, tanto che i genitori lo avevano mandato a studiare presso i Padri Rosminiani di Domodossola, pubblicò “Qualunque cosa succeda”, ricostruzione della vicenda del padre «sulla base di ricordi personali, familiari, di amici e collaboratori e attraverso le agende del padre, le carte processuali e alcuni filmati dell'archivio RAI» (dalla quarta di copertina).
Nello stesso anno è morto l'altro figlio, Filippo, a causa di un malore..
Nel 2014 Rai Uno manda in onda la mini-serie tv in due puntate "Qualunque cosa succeda. Giorgio Ambrosoli, una storia vera" per la regia di Alberto Negrin, con Pierfrancesco Favino nel ruolo del protagonista.
Il film è tratto dall'omonimo libro, di cui esce nello stesso anno la seconda edizione, con postfazione della presidente RAI Annamaria Tarantola, che all'epoca dei fatti narrati lavorava in Banca d'Italia (di cui è stata anche vicedirettrice generale).
Il comune di Roma, durante il primo mandato del sindaco Walter Veltroni gli dedicò un Largo, in zona Nomentana.
Ad Ambrosoli dedicarono vie, piazze e larghi anche altri comuni, tra cui Alessandria, Arcene, Bolzano, Cernusco sul Naviglio, Corbetta, Cornate d'Adda, Desio, Firenze, Forlì, Landriano, Nova Milanese, Ravenna, Rodano, Reggiolo, San Donato Milanese, Scanzorosciate, Scandicci, Seveso, Treviso, Varese, Volvera, Salerno.
Il Comune di Ghiffa (sul Lago Maggiore), dove Giorgio Ambrosoli è sepolto, ha dedicato all'avvocato milanese il proprio lungolago.
A Giorgio Ambrosoli sono intitolati:
• l'Associazione Civile Giorgio Ambrosoli, con sede a Milano, che promuove la Giornata della Virtù Civile;
• l'Associazione Giorgio Ambrosoli Salerno, che tramanda l'esempio dell'Avvocato con iniziative culturali di stampo giuridico e sociale e cui si deve l'intitolazione di "Largo Giorgio Ambrosoli" ad una piazza nel centrale quartiere Torrione;
• la Scuola Primaria Statale in Via di Mantignano 154 Firenze
• la Scuola Media Statale in Via Bellini Vincenzo 106, Vicenza;
• la Scuola Media Statale in Via Palmiro Togliatti 3, Tromello (Pavia);
• la Scuola di Formazione Forense della Facoltà di Giurisprudenza della Università degli Studi del Piemonte Orientale "Amedeo Avogadro" (Alessandria);
• l'Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato di Codogno (Lodi);
• l'Istituto Secondario Superiore di Viale della Primavera, (Roma);
• l'aula 311 di via Festa del Perdono dell'Università degli Studi di Milano;
• l'aula d'udienza del Tribunale di Vallo della Lucania (Salerno);
• l’aula delle udienze penali del Tribunale di Trento (dedicata a Fulvio Croce e Giorgio Ambrosoli)
• la biblioteca del palazzo di giustizia di Milano, alla quale accedono magistrati, avvocati e studenti di giurisprudenza del foro ambrosiano;
• il parco dinanzi alla entrata del palazzo di Giustizia di Arezzo;
• un premio di laurea assegnato dal Comune di Milano;
• una targa commemorativa nell'aula magna del Liceo Classico Manzoni di Milano;
• il presidio di "Libera" di Verbania (Verbano-Cusio-Ossola);
• il presidio di "Libera" di Arese (Milano).
Medaglia d'oro al valor civile
« Commissario liquidatore di un istituto di credito, benché fosse oggetto di pressioni e minacce, assolveva all'incarico affidatogli con inflessibile rigore e costante impegno. Si espose, perciò, a sempre più gravi intimidazioni, tanto da essere barbaramente assassinato prima di poter concludere il suo mandato. Splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all'estremo sacrificio. Milano, 12 luglio 1979.»