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Diego De Sterlich AliprandiDiego de Sterlich Aliprandi, imprenditore, pilota automobilistico, nasce il 13 agosto 1898 a Castellammare Adriatico, e muore a Teramo il 30 agosto 1976.

Appartenente ad una famiglia nobiliare abruzzese di lunga tradizione, incarnava la tipica figura del gentiluomo dalla personalità bizzarra e fantasiosa.

Fu uno dei più forti piloti automobilistici nelle competizioni in salita locali e nazionali, e nelle cronoscalate conseguì i più importanti risultati agonistici.

Per la sua abilità venne soprannominato il Re della Montagna, o anche il Marchese Volante.

Nacque terzogenito di Adolfo, marchese di Cermignano (a sua volta nato a Napoli il 27 settembre 1849, e quindi quarantanovenne alla nascita di Diego), e di Anna Henrici, che vivevano a Penne.

La famiglia de Sterlich sembra essere di origine austriaca, legata alla casa regnante d'Austria e giunta a Napoli all'inizio del sec. XV.

È presente dal secolo successivo nell'Abruzzo teramano, ove detiene la signoria su Scorrano e Cermignano.

Tramite il possesso di Scorrano, i de Sterlich possono essere collegati ai signori di Scorrano, feudatari di questo piccolo borgo dal sec. XII e poi, in qualche modo, estinti nei de Sterlich.

Alla famiglia, insignita nel 1706 del titolo di marchese di Cermignano, appartenne lo studioso illuminista Romualdo.

I primi anni di vita di Diego furono funestati da gravi lutti, perché egli perdette tre sorelline.

Fu poi adottato dallo zio barone Diego Aliprandi (Penne, 1819 - 1910), ultimo discendente del ramo abruzzese di una antica famiglia lombarda, i cui 4 figli erano deceduti tutti in pochi anni.

Diego si sposò giovanissimo, nel 1916, con Dirce Cassini (originaria di Mortara, dove nacque il 10 aprile 1897), con un matrimonio combinato.

Da questo matrimonio nacque nel 1920 un maschio, Adolfo, che morì l'anno seguente.

In seguito alle dolorose vicende della vita iniziò a condurre una vita sregolata, dedicandosi in maniera sfrenata alla passione per le donne e per le corse dei cavalli, che abbandonò presto per l'automobilismo. Esordì all'età di 25 anni (1923) nel Gran Premio Vetturette di Brescia, gareggiando con una Bugatti Type 35 e giungendo al quarto posto.

Nello stesso anno arriva secondo nella gara in salita Aosta-Gran San Bernardo; quindi si aggiudica un'altra gara in salita, la Susa-Moncenisio, nella categoria Corsa 2000.

La nuova vita, che lo conduceva spessissimo lontano da Penne, si ripercosse pesantemente sulla vita matrimoniale, e qualche anno dopo si separò dalla moglie.

Cominciò anche a buttarsi in imprese finanziarie che, insieme alla grande generosità che lo contraddistingueva, lo portarono a sperperare completamente il proprio ragguardevole patrimonio.

Iniziò nel 1924 quando acquistò cento azioni della Società SIAS impegnata nella costruzione dell'Autodromo di Monza per proseguire l'anno successivo, quando intervenne finanziariamente in soccorso della casa Maserati vendendo ben 300 ettari di terreno per sostenerne l'attività, (l'aiuto economico verrà ripetuto due altre volte).

Sempre nel 1924 fu tra i soci fondatori dell'Automobile Club d'Abruzzo, e nel mese di giugno, insieme ad alcuni amici appassionati di automobilismo, organizzò la Coppa Acerbo, competizione di velocità che si svolgeva tra il Lazio e l'Abruzzo, alla cui prima edizione aderirono i più famosi piloti del momento.

Nel 1925 si aggiudica l'impegnativa corsa in salita Trento-Bondone; nel successivo mese di dicembre fu tra gli organizzatori della prima Coppa di Natale, per la quale venne composto un comitato presieduto dal Principe Caracciolo di Torino.

Alla competizione in salita, che si svolgeva sul tracciato Bivio Cartiera - Loreto Aprutino - Penne, partecipò egli stesso, vincendola.

Negli anni seguenti si succedono ripetuti ed importanti successi: nel 1926 (3 luglio) vince la Vittorio Veneto-Cansiglio su una Bugatti, prevalendo su Tazio Nuvolari; nello stesso anno vince la gara in salita Terni - Passo della Somma.

Nel 1927 vince la Trento-Bondone (18 settembre) alla guida di una Maserati 26B, modello nuovissimo acquistato l'anno precedente per £ 200.000; quindi la Vermicino-Rocca di Papa e la Coppa Leonardi (2 ottobre).

Nel 1928 vince il chilometro lanciato a Saint Moritz e la corsa in salita del Klausen.

La carriera sportiva viene chiusa presto, nel 1930, quando il pilota abruzzese ha solo trentadue anni.

L'ultima competizione, che lo vede vincitore, la disputa l'11 maggio sul tracciato della Castel di Lama - Ascoli Piceno, alla guida di un'Alfa Romeo.

La vittoria è prestigiosa, in quanto prevale su Enzo Ferrari e Mario Tadini.

La ragione per la quale egli si distacca dal mondo delle competizioni automobilistiche sono da ricercarsi proprio nella disinvolta gestione del patrimonio, che evidentemente a quel punto si era drasticamente ridotto e non gli consentiva più di far fronte agli impegni.

In dieci anni era riuscito a dilapidare il suo vastissimo patrimonio, che sembrava essere inesauribile.

Da quel momento le necessità della vita lo costringono via via a disfarsi di tutto ciò che gli resta, da antiche collezioni d'arte a palazzi e costruzioni, tra le quali la Torre di Cerrano, spesso affidandosi a persone le quali conducono le transazioni in maniera disinvolta, approfittando del fatto che il marchese stesso ignorava la consistenza stessa dei suoi averi.

La sopraggiunta povertà lo spingono, dopo la guerra, ad avvicinarsi a Teramo dove ha conosciuto Vecla Fumo, proprietaria di uno dei locali più importanti della città (il Caffè Fumo) che sposa in seconde nozze nel 1948.

Gli ultimi anni trascorrono in condizioni di estrema difficoltà economica, vissuta tuttavia con grande dignità, in linea con il suo stile.

Nel 1966 cedette, tra le ultime cose importanti rimastegli, i documenti che ricordavano la sua carriera automobilistica (che egli chiamava i suoi "figli di carta").

Nell'anno della morte si trova presso la Casa di Riposo "De Benedictis" di Teramo, dove si era trasferito anche per non essere d'intralcio alla moglie, che era pure alle prese con problemi di salute.

Qui morì poverissimo il 30 agosto 1976 all'età di 78 anni.

Di lui, insieme alla vita avventurosa, viene ricordata la grande generosità che lo spinse ad intraprendere iniziative finanziariamente molto impegnative, ma anche di carattere puramente filantropico.

L'esistenza avventurosa del marchese de Sterlich diede vita ad una serie di aneddoti, alcuni dei quali in bilico tra realtà e leggenda, come quello attinente alla vastità del patrimonio personale, del quale lo stesso de Sterlich ignorava, in parte, la consistenza: si raccontava che quando un giorno uscì di strada con la sua macchina finendo in un campo di grano, danneggiandolo, dopo aver generosamente ricompensato il colono, alla domanda chi fosse il proprietario del terreno, questi gli rispose: il Marchese de Sterlich-Aliprandi.

Uno dei motti che fotografa lo stile di vita del marchese era "Ce ne passano di campagne per un gigler!", esclamazione che dà ad intendere il modo in cui egli si dedicava alle gare, senza badare a spese.

Altra sua frase che fa comprendere la generosità che mostrava verso le persone più sfortunate era "Niente costa tanto, quanto l'essere poveri: gente a cui si fa notte innanzi sera".

Le sue doti umane e di generosità sono state sottolineate in alcune poesie e canzoni che gli sono state dedicate, come A Diego e Lu castelle de la luntananze, canto abruzzese per la Torre di Cerrano, che egli avrebbe acquistato per amore di un'attrice.

Quando perdette il figlioletto Adolfo, il poeta Luigi Polacchi, già fidanzato della moglie, gli dedicò una poesia, Epicedio per il bimbo della donna che non fu mia secondo la quale i coniugi de Sterlich, dopo la morte del bimbo, in preda alla disperazione, sarebbero fuggiti a folle velocità su un'auto da corsa.

Nel 1926 a Penne venne invitato dal vescovo ad andare a prendere un predicatore arrivato da Roma per le celebrazioni natalizie, compiendo il tragitto del ritorno correndo sulla strada ghiacciata: solo all'arrivo egli si accorse che il viaggiatore era svenuto per la paura.

Altro episodio che evidenzia la generosità si registrò nel 1925, quando intervenne in soccorso della Società Operaia di Penne, che era rimasta senza sede, donandole un locale.

Nel 1934, quando la situazione finanziaria di de Sterlich cominciò a diventare precaria, lasciò il suo palazzo di Penne al comune per farne la sede della Scuola Tecnica (si sarebbe trattato di una vendita mascherata da donazione) con l'impegno di intitolarla a lui, mentre poi la stessa venne intestata a Guglielmo Marconi.

Quando ormai si trovava nella povertà più assoluta, nella corrispondenza personale apponeva un timbro nel quale era riportato "Diego De Sterlich-Aliprandi - Inventore - Poetastro - Ex corridore auto - Erborista - Cittadino onorario di Mutignano" tralasciando persino di indicare il suo titolo nobiliare.

Riguardo alla qualifica di erborista, egli ne era un intenditore ed usava raccoglierle personalmente: sembra che egli abbia ideato il filtro della camomilla commercializzato dalla famosa Bonomelli, traendone anche qualche guadagno.

Alla morte, non avendo figli, adottò Guido Verrocchio (1920-1998), che ne imitò lo stile di vita e ricevette in eredità gli unici beni dei quali il marchese non si era mai disfatto, la chiesa patrizia inclusa nel palazzo Aliprandi e la torre di Montegualtieri di Cermignano.

tutti pazzi per la Civita

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