Mario Lolli, poeta, nasce il 22 febbraio 1917 all’Aquila, e muore il 31 gennaio del 2002.
Mario Lolli è stato un alto ufficiale dell’esercito, partecipando alla seconda guerra mondiale e alla lotta partigiana, decorato al valore militare.
Immenso è stato il suo contributo allo studio delle tradizioni e alla promozione e sviluppo del dialetto aquilano, con la realizzazione di numerosi testi, nonché del primo Dizionario Italiano-Aquilano e del celebre “Zibaldone Aquilano”.
La Corale Gran Sasso, storica formazione aquilana, ha da sempre inserito nel suo repertorio brani scritti da Mario Lolli e musicati da tanti autori e cultori del repertorio tradizionale locale.
Alcuni di questi brani sono stati promossi dalla Corale Gran Sasso anche all’estero, riscuotendo consensi e successi.
Brani come “Massera”, serenata scritta in occasione dello spettacolo “Ci stea ‘na ‘ote” di Franco Villani e la Compagnia Il Gruppo, o come “Ninna nanna de Natale”, “Na jura d’amore” e tanti altri, possono definirsi a pieno titolo appartenenti alla cultura propria aquilana ed abruzzese.
Mario Lolli, all'Aquila ha dato tanto.
Un "uomo d'armi con animo da poeta"; "un malato di aquilanite?"; "un esempio per quanti hanno a cuore la città". Sono tre tra le tante definizioni date di Mario Lolli.
Ha scritto di lui Amedeo Esposito:
"Le cose importanti della vita non accadono mai per caso. Bisogna saperle aspettare. Ma una spinta al destino, ogni tanto, è necessario darla".
Così Mario Lolli, il "cavalier del popolo aquilano" del ventesimo secolo, soleva "filosoficamente" risolvere (o almeno ci provava) i problemi esistenziali della "sua gente" di via Roma, alle prese con lo "scontro tra le ragioni delle passioni ed i doveri della lealtà".
Che poi è la "gente" dell'intera città, per la quale Mario era e rimarrà il "cantore", alla Trilussa più che alla Giusti, della sorniona e mugugnante umanità aquilana, a cui ha dedicato tanti suoi scritti, molti rimasti inediti.
Si tratta dell'Aquila del Novecento, descritta in comprensibile vernacolo che tutti "prende" per la sua toccante profondità, temperata poi dal sorriso destato dalla battuta finale.
Fu alto ufficiale dell'Esercito (per tutti era "il Generale") e con grandi meriti per la Patria di Carlo Azeglio Ciampi e per la sua città, dove diresse il Distretto militare.
Un uomo d'armi, si potrebbe dire, con l'animo del poeta che "cantava" d'amori della vita di "quiji che non contano" come soleva dire.
Ha studiato, letto e scritto poemi, testi teatrali e musicali, assaporando i succhi della poesia che forse non lo hanno fatto sempre completamente felice ma certamente gli hanno reso la vita molto più gustosa.
E così, come a volte confessava, tutto sommato gli è riuscito di fare quel che gli andava, senza mai cessare di dedicarsi alla famiglia.
Ora che il "novello cavaliere" se ne è andato, in silenzio, la città sente fortemente di essere più povera.
Se però non cesserà di ascoltare la sua "serenata aquilana" (musiche di Cavalli, Berardi e Ettorre) avrà sempre la possibilità di "sorridere" al futuro.
Serenata aquilana, dal titolo "Massèra", le cue due strofe principali fanno così: "Ju ventu che smòe le fronne/ fa la serenata pe' tti;/ affàccete, non te nnasconne/ e famme 'ssa voce sintì./ Masséra è 'na notte fatata,/ ju cantu de 'sta serenata vo' esse 'nu pegnu d'amore,/ che arrìa 'nzinente a ju core."
Vedi anche: Na jura d'amore