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Felice MatteucciFelice Matteucci, inventore, nasce  il 12 febbraio 1808 a Lucca dall’avvocato Luigi, ministro di giustizia del Principe Felice Baciocchi, e dalla nobildonna Angiola Tomei-Albiani di Pietrasanta, e muore il 13 settembre 1887.

Felice mostrò fin dall’infanzia grande impegno distinguendosi negli studi, tanto che a undici anni componeva poesie molto apprezzate.

Sappiamo che nell’anno scolastico 1823 – 24  compariva tra gli iscritti del Real Liceo di Lucca (l’antica Università lucchese).

La sua inclinazione scientifica si rivelo in particolare durante il corso di studi presso il Real Collegio Borbonico di Parigi dove il padre, che vi risiedeva come Rappresentante del Granduca presso il re di Francia, lo aveva iscritto nel 1824.

A Parigi iniziò i suoi studi in idraulica e meccanica per i quali mostrava particolari attitudini.

Nel dicembre del 1825 Felice Matteucci dovette rientrare in Italia con il padre a causa di una grave malattia del fratello Francesco e cosi completò a Firenze il corso ufficiale dei suoi studi in idraulica e in meccanica.

Terminati gli studi, mentre il padre, nominato consigliere dell’Alta Corte di Giustizia di Leopoldo Il, impiegava il suo tempo alla compilazione del Codice Toscano e la madre governava la casa, Felice continuava le sue ricerche scientifiche e insieme badava alla cura dei fondi agricoli: i Matteucci possedevano fondi rustici con due “ case di Campagna”, cioè ville, a Vorno e a Colle di Compito.

Fu senza dubbio durante il soggiorno nella sua villa di Colle di Compito, che, osservando giorno dopo giorno il movimento delle acque del lago di Sesto stilo a soli 27 anni il disegno per il prosciugamento della palude di Bientina.

A questo progetto, che e senza alcun dubbio il suo più diligente e dotto studio di idraulica, il Matteucci rimase fortemente attaccato per tutta la vita come a un dolce, incantevole sogno giovanile.

Altri, come Ximenes, Larga, Nottolini, si erano occupati del prosciugamento della Palude di Bientina, ma costoro non avevano tenuto conto della pendenza naturale della campagna lucchese che dalla sinistra del fiume Serchio declina verso il fiume Arno e pretendevano quindi, per dirla con una frase popolare, di mandare l’acqua all’insù, cercando di smaltire nel Serchio l’acqua del lago di Sesto.

Si accorsero dell’errore Boscovich, Tommaso Perelli e Giuseppe Manetti, ma questi non lasciarono dei loro progetti che cenni vaghi e abbozzi, insufficienti a dimostrare la possibilità e il modo di realizzarli.

Matteucci con meticolosa diligenza fece tutte le misurazioni, tutti i calcoli, si assicuro dell’altezza del lago e della pendenza del terreno, ed esaminate tutte le difficolta incontrate concluse che per dare scolo alle acque fino al mare, occorreva costruire un canale, “Canale Matteucci”, seguendo la pendenza del terreno lungo la destra dell’Arno.

Progetto meraviglioso, ricco di grandiosi lavori, come la rettifica del corso dell’Arno presso San Giovanni alla Vena e Uliveto, irto di grosse difficolta nell’esecuzione, previste e ritenute superabili, ma che davano sicurezza per l’effettivo prosciugamento.

Matteucci chiese il parere sul suo progetto a Giuseppe Venturoli, una autorità del tempo in materia, che oltre a rilevarne i pregi cosi concludeva:

…Io porto opinione che il progetto del Signor Matteucci, perché tende a utilissimo scopo, e perche sceglie i mezzi piu acconci a conseguirlo, sia degnissimo di considerazione e di incoraggiamento; e lo reputo superiore agli altri, dei quali finora ho notizia, perché apre il campo a un più esteso e perfetto bonificamento del lago di Bientina...

Il progetto desto tanto scalpore da spingere il Principe Demidoff a costruire una societa per realizzare le opere previste; le pratiche erano già pronte, ma il Principe si ritiro e la societa falli prima della nascita.

Matteucci presento il progetto al Governo Granducale a cui stava a cuore l’opera di bonifica della palude di Bientina, ma la Commissione, di cui faceva parte Padre Eugenio Barsanti, preferì il progetto del Commendatore Alessandro Manetti, direttore dei lavori d’acque e strade.

Matteucci, che era convinto che il suo progetto fosse migliore ed inoltre che ne sarebbe derivato un utile per la comunità, ne ricevette una delusione cosi grande da rimanerne condizionato per tutta la vita.

Il progetto del Manetti, dopo lunghi anni di lavoro e di spese incalcolabili, ebbe un esito infelicissimo e ciò accrebbe il rammarico di Matteucci e gli studi successivi di completamento sono una testimonianza del grande ingegno.

Matteucci, che nel frattempo aveva stretto amicizia con Padre Eugenio Barsanti, abbandonò l’idraulica e si dedico alla meccanica, entrando in associazione con  lui.

Da questo momento  la vita di Matteucci  e legata a quella del motore a scoppio che, insieme a Barsanti, progetta, sviluppa, collauda.

Insieme all’amico ne condivide le vicissitudini, le speranze, le gioie, le delusioni.

L’associazione ben presto si trasformo in società, dalla quale, alcuni anni più tardi, nel 1862,  Matteucci rassegna le dimissioni, essendosi  ammalato di un grave esaurimento nervoso.

Due anni più tardi, nel 1864, muore l’amico e, tranne alcuni episodi, che abbiamo riportato nel testo, si conclude anche l’avventura di Matteucci  sul motore a scoppio.

La sua vita terrena si conclude invece alcuni anni dopo, il 13 settembre 1887, dopo una ricaduta nell’esaurimento nervoso che  nuovamente lo aveva colpito.

Personaggio infelicissimo, di grande talento e di debole carattere, il Matteucci e sepolto a Campi Bisenzio nella cappella gentilizia della villa che fu della famiglia Matteucci, ed  originariamente di proprietà della moglie Giulia Ramirez di Montalvo.

Una lapide, posta nel 1932 sulla facciata di palazzo Matteucci a Lucca ricorda invece il suo luogo di nascita.

 

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