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Domenico Ciampoli, scrittore, nasce il 23 agosto 1852 ad Atessa, da Ernesto e da Antonietta De Simone, e muore a Roma il 21 marzo 1929

Fece i primi studi ad Atessa, poi a Vasto e a Lanciano, concludendo il liceo all’Aquila.

Si laurea in Lettere all'Università di Napoli,

Terminati gli studi, iniziò a frequentare circoli letterari, tra cui quello che si riuniva attorno allo scrittore Carlo Del Balzo e alla sua Rivista nuova, un quindicinale cui collaboravano anche Matilde Serao, Luigi Capuana, Giovanni Verga: di quest'ultimo Domenico Ciampoli si dichiarò spesso grande ammiratore.

Nel 1877, ad Avezzano, pubblicò "Bianca di Sangro", un racconto storico.

Ma il suo vero esordio letterario va considerato nel 1878, quando pubblica a Napoli una raccolta di novelle di ambiente abruzzese, “Fiori di monte”.

Anche se non curata formalmente e non priva di una certa ingenuità nella concezione estetica ad essa sottesa, questa raccolta ha il suo maggior interesse nelle scrupolose ed appassionate ricerche sulla cultura e sui costumi abruzzesi che confluiscono nel libro e permeano tutta la narrazione.

Aveva scritto inoltre diverse raccolte di novelle popolari d'impronta verista: Fiabe abruzzesi (1880), Racconti abruzzesi (1880), Trecce nere (1882), Cicuta (1884), Fra le selve (1891), alle quali seguirono, dal 1884 al 1897, cinque romanzi influenzati da D'Annunzio: Diana, Roccamarina, Il Pinturicchio, L'invisibile e Il Barone di San Giorgio, privi di valore artistico.

Dal 1881 insegnò in diversi licei finché, trasferitosi a Roma e ottenuta la libera docenza in Italiano e Letterature slave, dal 1884 insegnò nell'Università di Sassari e dal 1887 al 1891 in quella di Catania continuando sempre però gli studi e le ricerche sulla propria regione.

Esito di questo legame culturale e affettivo con l'Abruzzo furono i "Racconti abruzzesi", pubblicati a Milano nel 1880, che sollevarono al tempo stesso critiche e consensi per una ricerca di effetti naturalistici che spesso cadeva nel luogo comune e nel manierismo.

Dello stesso anno sono le Fiabe abruzzesi: interessante sforzo di ricostruzione di una reale cultura popolare (i racconti erano raccolti tutti dalla tradizione orale), inizialmente erano apparse su un quotidiano di Lecce e in un secondo tempo raccolte in volume, sempre a Lecce.

Oltre a curare diverse traduzioni di canti epici e popolari slavi e di racconti e romanzi di classici russi dell'Ottocento, nel 1891 pubblicò gli Studi letterari e le Letterature slave, nel 1896 una ricerca erudita sull'opera poetica dell'Aleardi, Plagi aleardiani, e nel 1904 i Saggi critici di letterature straniere.

Dopo il 1880, per circa due anni, Domenico Ciampoli si dedicò quasi esclusivamente allo studio della novella, affermando le sue istintive doti di novelliere con la lettura dei classici italiani, da Giovanni Boccaccio a Matteo Bandello, al Lasca.

In questo periodo pubblicò due raccolte di traduzioni di versi, “Melodie russe” e, di varie lingue (tedesco, inglese, francese, russo), “Fiori esotici”: entrambe le raccolte furono edite a Lipsia, la prima nel 1880 e la seconda nel 1882.

Soprattutto quest'ultima raccolta provocò un'ondata di critiche: il critico Gaetano Amalfi (1881) affermò che Ciampoli  non aveva tradotto dagli originali, ma aveva copiato da traduzioni precedenti; inoltre sosteneva che le edizioni di Domenico Ciampoli erano peggiori di quelle già esistenti, in quanto anche metricamente inesatte, con rime fin troppo facili e ripetute.

Fu definito "un giovane di mediocre cultura che ha l'unico difetto di essere operoso".

Tuttavia lo stesso Amalfi doveva ritornare sul suo drastico giudizio l'anno successivo, quando Ciampoli tornò a pubblicare una raccolta di novelle, a Milano, col titolo “Trecce nere”.

Questa raccolta, ancora di tematica strettamente abruzzese, ebbe grande successo: accanto ad una attenta e partecipe testimonianza etnologica, Domenico Ciampoli raggiunge delle scelte formali più organiche e coerenti.

C'è infatti una efficace adesione al canone verista dell'impersonalità dello scrittore: nel discorso diretto è reso il linguaggio figurato del contadino che attinge metafore, similitudini, proverbi dalla realtà della vita domestica e del lavoro dei campi.

Dopo un'altra raccolta di novelle, "Cicuta", edita a Roma nel 1884, Ciampoli abbandonò il genere novellistico e scrisse il romanzo “Diana”, pubblicato, sempre nell'84, a Milano.

È una storia tragica d'amore, sempre d'ambiente abruzzese, questa volta però borghese: il Passaggio dal racconto all'ampiezza del romanzo è realizzato attraverso una maggiore articolazione delle stesse soluzioni formali che caratterizzavano, come si è detto, le novelle veriste.

Anche qui Domenico Ciampoli si attiene al canone dell'impersonalità ed usa inoltre, accanto alla lingua, il dialetto - sempre secondo il modello verghiano - per dare maggiore vivacità a situazioni o a concetti.

Ancora una prova di narrativa verista Ciampoli fornì con la raccolta “Fra le selve”, uscita a Catania nel 1890 in due volumi.

Continuava intanto lo studio delle letterature straniere, in particolare slave: dopo il 1880 egli, abbandonato l'insegnamento universitario a causa di una campagna di calunnie nei suoi confronti, lavorava come bibliotecario presso la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele II di Roma e riusciva a coltivare più facilmente i suoi lavori di traduzione.

Pubblicò, nel 1888, ad Acireale, gli “Studi slavi”, cui fecero seguito “Letterature slave” (Milano 1889).

Nel 1892 lasciò l'insegnamento per passare alla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II di Roma e poi alla Marciana di Venezia.

Dal 1899 diresse diverse Biblioteche italiane: la Biblioteca Universitaria di Sassari, ancora la Biblioteca Nazionale di Roma, poi dal 1907 la Biblioteca Casanatense, la Biblioteca Lancisiana, l'Angelica e infine, dal 1918 ancora la Lancisiana: quest'attività gli consentì di studiare, tradurre e pubblicare diversi codici.

Si può affermare senza dubbio che ciò che fa di Ciampoli un nome di qualche rilievo nella letteratura italiana di fine secolo, non è tanto la sua opera di narratore quanto quella di divulgatore, fra i primi in Italia, della letteratura e cultura slava; di traduttore dei grandi narratori russi, di Dostoevskij, Gorkij, Turgeney, Puskin, Tolstoj; di raccoglitore e traduttore di canti popolari slavi, bulgari, armeni.

Se la critica concorda a considerarlo più che altro un verista minore e un fertile letterato, l'unico giudizio che si discosta dalla genericità degli altri è quello di Giovanni Titta Rosa: "Al versante naturalistico ed arcaistico dei narratori abruzzesi appartiene il primo D'Annunzio ... ed alcuni minori, tra cui Ciampoli, il quale aveva aperto le finestre all'epopea antica e recente degli slavi, dei nordici..." (Narratori dell'Abruzzo e del Molise, a cura di G. Titta Rosa - G. Porto, Milano 1971, p. 3).

A testimonianza di questa sua molteplice attività resta un notevole numero di scritti, tra i quali rivestono maggiore importanza: le raccolte di traduzioni di racconti stranieri: Racconti californiani, Milano 1880; Racconti galiziani, ibid. 1881; Racconti russi, ibid. 1884; Studi letterari, Catania 1891; le pubblicazioni dei Codici paleoslavi della Regia Biblioteca Nazionale di San Marco, Roma 1894, e dei Codici francesi della Regia Biblioteca Nazionale di San Marco, Venezia 1896; Le "Straniere"(traduz. di novelle), Roma 1895; Nuovi studi letterari e bibliografici, Rocca San Casciano 1900, Saggi critici di letterature straniere, Lanciano 1904.

Intanto aveva proseguito la sua attività narrativa, allontanandosi però dalla primitiva ispirazione verista, per tentare romanzi di soggetto ed ambientazione diversa.

Nel 1889, a Milano, pubblicava "Roccamarina", cui seguirono, nel 1896, "L'invisibile". (Roma), e nel 1897 "Il barone di San Giorgio" (Milano).

In questi ultimi romanzi Ciampoli abbandona l'ambiente contadino e borghese dei suoi precedenti lavori, per affrontare invece ambienti aristocratici; inoltre, se ancora ne “Il barone di San Giorgio” si possono trovare, accanto alla lingua, alcune forme lessicali e sintattiche tipiche del dialetto abruzzese, proverbi, nomi caratteristici, "L'invisibile" è invece scritto tutto in italiano, come afferma lo stesso Ciampoli nella breve prefazione al romanzo dove dichiara anche che il suo proposito è quello di scrivere un libro "ameno", che abbia per oggetto la moderna forma di magia chiamata "spiritismo".

Niente di più lontano quindi dalla trama semplice delle novelle o dell'essenzialità della rappresentazione di “Diana”.

C'è in questi romanzi una lucida raffigurazione degli ambienti sociali e psicologici, l'analisi profonda dei sentimenti, riflessioni morali ed estetiche dei personaggi; ma le facoltà inventive e narrative di Domenico Ciampoli  risultano indebolite, meno felici e spontanee rispetto alla prima produzione.

Negli ultimi anni di vita egli abbandonò completamente l'attività narrativa, per dedicarsi solo a quella di erudito letterato: è del 1912 un Dizionario di citazioni francesi tradotte, edito a Lanciano.

Molto criticata l'edizione degli Scritti politici e militari di Giuseppe Garibaldi (Roma 1907).

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