Alberto Beneduce, economista, nasce il 29 maggio 1877 a Caserta, e muore a Roma il 26 aprile 1944.
E’ stato un economista e politico italiano, amministratore di importanti aziende statali nell'Italia pre-repubblicana, amministratore delegato dell'INA, tra gli artefici della creazione dell'IRI e suo primo presidente, oltre che ministro e deputato.
Figlio di un tipografo partenopeo, nacque a Caserta nel 1877.
Il padre era filo-socialista e anticlericale; il fratello Ernesto, affiliato alla Massoneria, lo convinse ad entrare in Loggia.
Si iscrisse all'Università di Napoli nel 1900 e prese la tessera del Partito socialista italiano. Si sposò a vent'anni ed ebbe cinque figli, nessuno dei quali venne battezzato.
A tre delle quattro femmine pose nomi ideologizzati: Idea Nuova Socialista, Italia Libera e Vittoria Proletaria.
Dopo la laurea in Matematica nel 1904, intraprese la carriera universitaria in Statistica. Poi si trasferì a Roma.Vincendo un concorso, trovò un impiego al Ministero dell'Agricoltura, nella Direzione statistica.
Collaborò con Ernesto Nathan, primo sindaco anticlericale (e massone) della capitale, senza perdere i contatti con il partito socialista, specialmente con l'ala riformista guidata da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi.
Nel 1911 il Ministro dell'Agricoltura, Industria e Commercio Francesco Saverio Nitti, del partito radicale, lo chiamò a collaborare con il governo per la costituzione dell'Istituto Nazionale Assicurazioni, l'istituto pubblico che avrebbe gestito, in regime di monopolio, le assicurazioni sulla vita.
Beneduce eseguì la missione e Nitti, come premio, gli offrì una candidatura alla Camera, che Beneduce non accettò.
L'anno precedente (1912) Beneduce non aveva rinnovato la tessera del partito socialista dopo che i socialisti riformisti Leonida Bissolati ed Ivanoe Bonomi, suoi punti di riferimento, erano stati espulsi dal partito.
Come gli altri socialisti riformisti, allo scoppio della prima guerra mondiale, Beneduce sostenne le ragioni degli interventisti. Venne mobilitato (a 38 anni) col grado di sottotenente del genio territoriale, ma dopo pochi mesi, passati tra il fiume Tagliamento e il Carso, ritornò a casa congedato.
Tornò ad occuparsi di credito bancario: collaborò con la Banca d'Italia nelle politiche di sostegno all'industria bellica; nel 1916 fu nominato amministratore delegato dell'INA, del quale era già consigliere.Il 28 giugno 1917 accompagnò il gran maestro della massoneria ed Ernesto Nathan a Parigi, al Congresso delle massonerie dei paesi alleati e neutrali.
Finita la guerra, nel 1919 si dimise dalla carica per candidarsi alle elezioni politiche nelle liste del Partito Socialista Riformista Italiano, divenendo deputato e, successivamente, presidente della commissione Finanze della Camera.
Mantenne la carica di presidente del Consorzio di credito per le opere pubbliche (Crediop), che aveva contribuito a fondare.Nel 1921, dopo essere stato rieletto deputato, assunse la carica di Ministro del Lavoro nel governo presieduto da Ivanoe Bonomi.
Del 1924 è la creazione dell'Istituto di Credito per le Imprese di Pubblica Utilità, avente obiettivo il finanziamento delle imprese private concessionarie di servizi di pubblica utilità, in primis nel settore elettrico, di importanza strategica per il paese. Nello stesso anno Beneduce non si ripresentò alle elezioni abbandonando la carriera politica, ma già nel 1925 riprese a collaborare con il potere esecutivo.
La sua competenza sul funzionamento dello Stato e la stima di Mussolini ne fecero uno dei più ascoltati consiglieri economici del governo.Il ruolo di Beneduce fu essenziale nella ristrutturazione dell'economia italiana successiva alla crisi mondiale del 1929.
Il fallimento delle maggiori banche italiane, che detenevano anche numerose partecipazioni azionarie nelle imprese industriali, fu evitato grazie all'intervento dello Stato.
Il «sistema Beneduce» prevedeva la netta separazione fra banche ed imprese industriali, con la partecipazione diretta dello Stato al capitale di controllo delle imprese.
Le aziende pubbliche rimanevano comunque società per azioni, continuando quindi ad associare, in posizione di minoranza, il capitale privato.
Lo Stato si riservava, inoltre, un ruolo di indirizzo dello sviluppo industriale, senza entrare nella gestione diretta: in luogo della nazionalizzazione venne decisa una serie di interventi finalizzati al salvataggio e al sostegno finanziario di singole imprese.
A tale scopo furono fondati:
• nel 1931 l'Istituto Mobiliare Italiano, istituto pubblico specializzato nel credito industriale.
• nel 1933, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).
Alberto Beneduce fu, assieme al futuro Governatore della Banca d'Italia Donato Menichella, il principale ispiratore di queste riforme, così come della legge bancaria del 1936, rimasta in vigore fino al 1993, che vietò alle banche l'esercizio congiunto del credito a breve ed a lungo termine.Beneduce fu il primo presidente dell'IRI, dalla sua costituzione fino al 1939.
Fu fautore di una gestione delle aziende ispirata a criteri privatistici e libera da influenze politiche; improntò il rapporto con gli industriali privati ad uno spirito di collaborazione, con la cessione agli stessi di alcune aziende già rilevate dall'IRI: tra queste, la holding elettrica Bastogi, di cui Beneduce fu presidente, carica che mantenne anche dopo il passaggio ai privati.
Beneduce fu anche consigliere d'amministrazione di Fiat, Pirelli, Montecatini, Edison e Generali.
Ritiratosi progressivamente dalla vita politico-economica a causa delle precarie condizioni fisiche, dovute a un ictus che lo colpì al ritorno da una riunione della Banca dei Regolamenti Internazionali a Basilea il 13 giugno 1936 , morì a Roma nel 1944.
La figura di Beneduce è stata generalmente interpretata in modo positivo, come esempio di grande funzionario di Stato, competente e lungimirante, capace di realizzare con l'IRI una "formula" originale per evitare i fallimenti bancari e tale da garantire allo Stato un ingente patrimonio industriale, formidabile strumento di politica economica per i decenni a venire; questo soprattutto in contrapposizione con altri esempi di funzionari e politici di minori competenze e capacità.
Obiettivo dell'azione di Alberto Beneduce nel terreno dei rapporti economici fu quello di creare circuiti di mobilitazione del risparmio paralleli ed indipendenti sia dalle deboli istituzioni finanziarie allora attive in Italia (che non erano in grado di mobilitare efficacemente il risparmio), sia dallo Stato e dal rischio che potessero essere fagocitati dalla corruzione e dal clientelismo.
In questo senso vanno intese le logiche di autonomia sulle quali Beneduce spinse in ogni suo lavoro, dall'Ina al Crediop all'Iri.
Le strutture erano agili, i rapporti di natura privatistica. Una definizione calzante a questa prassi può essere quella di: "Stato fuori dallo Stato", complementare all'apparato statale ordinario nel raggiungimento degli obiettivi, ma indipendente sotto il profilo della gestione finanziaria.
I critici preferiscono metterne in luce l'opportunismo politico, che gli permise di passare, senza scossoni, dalle idee socialiste al fascismo, accettando anche incarichi di primo piano.
Il suo primo referente politico, Francesco Saverio Nitti, che dai fascisti subì aggressioni e violenze personali e fu costretto all'esilio, ebbe per Beneduce "giudizi morali durissimi", pur ricordandone sempre intelligenza ed onestà, perché non assunse mai una netta posizione contro il regime.
Per un giudizio sereno è necessario tuttavia rammentare che Beneduce non appoggiò apertamente il fascismo - mai prese la tessera del partito - e non rinnegò le sue idee, suscitò, piuttosto, il sospetto di molti gerarchi vicini al duce che, come confermano carteggi ritrovati in vari periodi dopo la seconda guerra mondiale, ne chiesero più volte l'allontanamento.
Un ulteriore aspetto saliente nella vita di Beneduce fu il suo legame con il finanziere Enrico Cuccia: il futuro capo di Mediobanca era un giovane funzionario neoassunto all'IRI che, frequentando la casa di Beneduce, conobbe la figlia Idea Nuova e la sposò nel 1939; il potente suocero favorì gli inizi della carriera del genero, caldeggiandone l'assunzione presso la Comit guidata da Raffaele Mattioli.
Oltre al vincolo di parentela, si tende a vedere tra i due una sorta di continuità nella comune capacità di rimanere ai vertici del potere economico, a cavallo tra settore pubblico e settore privato.
tutti pazzi per la Civita