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Nicola Ranieri, pittore, nasce il 14 luglio 1749 a Guardiagrele da Zefferino ed Urania Burrelli, contadini guardiesi di umili condizio­ni ma "onesti e pii genitori", come ri­ferisce padre Giuseppe Borsella in un articolo sull'artista apparso sul "Gior­nale Abruzzese di scienze lettere e ar­ti" nel 1837.

Muore nel 1850.

Oltre alla biografia del Borsella, pubblicata quando Nicola Ranieri era ancora in vita esistono poche altre fonti da cui trar­re informazioni sull'attività del pittore, prima fra tutte l'opuscolo Vita e opere del pittore Nicola Felice Bona­ventura Ranie­ri di Guardia­grele, pubblica­to nel 1911 dal­lo storico guardiese Giuseppe Iezzi.

Altre bre­vi notizie sono riportate da Spi­nelli, Cherubi­ni, Vincenzo Bindi e Vincenzo Bal­zano in alcuni dei loro studi sull'arte e la pit­tura abruzzese.

Purtroppo la più completa tra queste biogra­fie, quella di Iez­zi, è da vagliare con estrema prudenza, come quasi tut­te le sue opere, a causa della nota abi­tudine dell'autore guardiese di magnificare, con uno spirito esageratamente campanilistico, tutto ciò che proveniva dalla sua terra.

Nei suoi scritti non è in­frequente rinvenire notizie ed afferma­zioni di carattere fabuloso e leggenda­rio, che solo in rari casi è possibile verificare con puntualità.

In tale carenza di materiale documentario è giunta più che gradita una recente serie di studi, promossa dall'Assessorato alla Cultu­ra del Comune di Guardiagrele e cura­ta dallo studioso Lorenzo Lorenzi, sul­la scuola pittorica guardiese, attiva dal­la seconda metà del "700 fino ai primi del '900 e capeggiata dal magister Ni­cola Ranieri, che ebbe in France­sco Maria De Benedictis e Ferdinando Palmerio esponenti tra i più validi.

Nicola, il cui no­me si completa­va con Felice, quale augurio per una vita serena, e Bonaventura, in ricordo del santo francesca­no di Bagnoregio che si fe­steggiava il gior­no della sua na­scita, ebbe un'in­fanzia sicura­mente non faci­le, dedicata al la­voro nei campi dei genitori e al­lo studio presso le scuole dei Fra­ti conventuali di Guardiagrele.

La perdita prematura del padre lo costrinse ben presto ad ab­bandonare gli studi e a dedicarsi a tem­po pieno al lavoro; se è vero che la dis­grazia lo allontanò dalla scuola, gli die­de anche modo, secondo lezzi, di os­servare l'ambiente che lo circondava e di ammirare l'imponenza delle monta­gne che quotidianamente costituivano lo scenario delle sue fatiche.

Il giova­ne Nicola, mostrando una spiccata attitudine per il disegno e la pittura, pre­se a tradurre in immagini i colori della natura, gli scorci ed i particolari della vita campestre, ma anche a riprodurre le opere d'arte conservate nelle chiese cittadine, incoraggiato in questo da un frate francescano che nel frattempo era giunto al convento guardiese, moven­do così i primi passi di una carriera che lo vedrà assumere l'appellativo di magister.

Un episodio narrato da lezzi riferisce di un viaggio di Nicola Ranieri all'A­quila tra il 1768 e il 1769, durante il quale il pittore avrebbe studiato e ri­prodotto i dipinti di Pompeo Cesura, artista aquilano morto a Roma nel 1565.

Seguace ed imitatore di Perin del Vaga e dei canoni raffaelleschi, ma la noti­zia non è suffragata dai necessari ri­scontri e deve pertanto essere riportata con la dovuta cautela.

Se incerto resta il soggiorno aquilano di Nicola, ap­paiono maggiormente fondate le noti­zie di due viaggi a Roma, il primo in­torno agli inizi degli anni '70, presto interrotto per le cattive condizioni di salute della madre, ed il secondo, più lungo e proficuo, tra il 1797 ed 179° l'esame diretto dei capolavori roman: di Raffaello, in primis, e di numerosi altri artisti, tra cui Michelangelo e Tiziano, ma anche Pietro da Cortona, Guido Reni e Annibale Carracci, che ave­vano reso celebre la città facendone un luogo privilegiato di studio e di forma­zione artistica, contribuì in misura determinante alla maturazione stilistica di Nicola Ranieri.

I soggetti delle loro opere, di quelle dell'Urbinate in parti­colare, molto si addicevano al caratte­re religioso-devozionale che contrad­distinguerà la produzione del Ranieri, come la quasi totalità della pittura abruz­zese tra XVIII e XIX secolo.

La fama del pittore guardiese tra la fi­ne del '700 e gli inizi dell'800 crebbe in maniera notevole, tanto che i suoi la­vori si rinvengono in una quindicina di paesi abruzzesi, ma la sua produzione, sebbene orientata principalmente verso la decorazione di edifici di culto, an­noverava anche una discreta quantità di lavori eseguiti per alcune ricche fami­glie di Guardiagrele, per le quali il pit­tore produsse ritratti, soggetti sacri e profani, acquerelli e bozzetti; purtroppo la maggior parte delle opere realiz­zate per la committenza privata citta­dina, oltre a numerosi dipinti presenti in diverse chiese guardiesi, andò di­strutta in seguito all'incendio ed al sac­cheggio della città operati dai France­si del generale Coutard il 25 febbraio 1799.

Nonostante il funesto evento, che ha cancellato per gran parte l'attività di Nicola nella città natale, restano le tracce della sua prolifica produzione nelle chiese di diversi centri abruzze­si, da Orsogna a Pennapiedimonte, da Rapino a Bucchianico, da Tornareccio a Lanciano, da Chieti all'Aquila, seb­bene l'attribuzione delle opere appaia in molti casi difficoltosa in quanto l'ar­tista, in più di una occasione, ha man­cato di apporre la firma e la data sui suoi lavori.

Negli anni 1810-1811 il pittore diede vita ad un "cenacolo" che vide opera­re a Guardiagrele una nutrita schiera di giovani artisti, destinati a divenire pittori, scultori, ebanisti e architetti di fama: in particolare ricordiamo i pit­tori guardiesi Francesco Maria De Benedictis e Ferdinando Palmerio che se­guirono, nei soggetti e nello stile, gli insegnamenti del maestro, Giovanni Antonio Santarelli, Fulgenzio Lavalle, Gaetano Cavacini e Pancrazio Pallanza, solo per citarne alcuni.

Secondo la citata testimonianza di Giuseppe Borsella, pubblicata quando il pittore ave­va ormai 88 anni, Nicola Ranieri con­tinuava ancora a dipingere nonostante fosse ormai vecchio, tanto che il bio­grafo ritenne un «bel vedere si è esser questo nostro pittore curvo assai per la somma degli anni e maneggiar tuttavia con energia i suoi pennelli instanca­bilmente...».

Nicola Felice Bonaventura Ranieri mo­rì a Guardiagrele nel 1850 alla vene­randa età di 101 anni e il prevosto di Santa Maria Maggiore don Crisante Ranalli, nel registrare la morte sui registri parrocchiali, lo definì efficacemente come “pictor famosus nec non eruditus historiae sacrae et profanae”

Fonte Andromeda Editrice

tutti pazzi per la Civita

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