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Modesto Della PortaModesto Della Porta, poeta vernacolare, nasce il 21 marzo 1885 a Guardiagrele, da Donato e Maria Vitacolonna ed ivi muore il 23 luglio 1938.

Modesto non era andato a scuola oltre le elementari e per lui parlare l’italiano equivaleva a tradursi in altra lingua. E se per ipotesi il suo dialetto natio fosse stato il napoletano, oggi Modesto Della Porta avrebbe forse un posto fra il Viviani e i De Filippo.(Antonio Picone Stella)

Un viso in bianco e nero, una sigaretta a metà, un cappello.

E’ l’immagine più popolare di quello che è considerato uno tra i più conosciuti poeti dialettali abruzzesi.

Un poeta attuale non per le tematiche trattate né per lo stile o la poetica, ma per il suo essere rozzo come un trombone di banda paesana.

Dopo le scuole elementari frequentò, senza successo, una scuola media privata che presto, per le limitate possibilità economiche della famiglia, abbandonò per essere avviato ad imparare il mestiere di sarto che esercitò per tutta la vita.

Fin da ragazzo dimostrò di possedere un umorismo pungente, sia pure velato da una punta di malinconia, che sarà la caratteristica di tutte le sue poesie che amava recitare agli amici del paese.

Spinto dalla necessità di migliorare le sue condizioni sia economiche che culturali, si trasferì a Napoli per un quinquennio dove realizzò entrambe le aspirazioni: conseguì un diploma di perfezionamento in una scuola di taglio ed ebbe occasione di conoscere e frequentare alcuni dei più noti esponenti della cultura partenopea di allora come Salvatore Di Giacomo e Libero Bovio.

Tornato nel paese natio, aprì una sartoria che ben presto acquisì una vasta e selezionata clientela non solo in Abruzzo ma anche oltre i confini regionali.

Fu allora che iniziò a comporre poesie nel dialetto locale che spesso traevano ispirazione da fatti e motivi realmente avvenuti, in casa sua, intorno a lui e nel suo paese; compose magistralmente versi e poesie, sia di origine comica che drammatica la cui diffusione, ancora prevalentemente orale, determinò presto uno spontaneo apprezzamento per il giovane poeta.

Questa iniziale popolarità e apprezzamento fecero da volano e da stimolo sempre crescente all’impegno poetico; spesso veniva chiamato ad esibirsi in pubblico in occasione di feste, cerimonie e riunioni conviviali.

Questo aspetto peculiare della sua attività gli assicurò una notorietà sempre più larga e soprattutto il consenso di molti uomini di cultura come Francesco Paolo Michetti, Raffaele Paolucci e Luigi De Giorgio.

L’esibirsi in pubblico, in occasione di feste e cerimonie, se da un lato gli procurò consenso e popolarità, dall’altro condizionò, in una certa misura, la stessa forma della sua lirica, che spesso sembra indulgere al finale ad effetto, quasi per strappare l’applauso ad una platea di ascoltatori.

Ciò ha indotto qualche critico letterario a valutare frettolosamente la poesia dellaportiana come “bozzettistica” superficiale e corriva.

Da una disamina più attenta, però, non è difficile scorgere sotto quella comicità, pur ricercata, quel sentimento amaro, profondamente tragico della vita che a Della Porta derivava dalla sofferta esperienza del lavoro quotidiano e dell’ambiente nel quale si trovava a vivere.

I suoi personaggi, Cicche di Sbrascente su tutti, “scarpare e sunatore di trumbone”, rivelano un sentimento doloroso dell’esistenza al quale non sanno dar rimedio che con l’arma dell’autoironia.

Da questo atteggiamento, sostanzialmente pessimistico, fondato su una grande sensibilità sociale, nasce la presa di distanza di Della Porta rispetto al regime fascista; non mancò, alla stregua del grande Trilussa, di criticarlo fra le righe mettendo in ridicolo i rappresentanti locali di quel regime il che gli procurò non pochi contrasti e fastidi.

La sua produzione poetica, come si è detto, fu essenzialmente diffusa oralmente o solo mediante la stampa periodica locale fino a quando, nel 1933, l'editore lancianese Gino Carabba pubblicò le sue poesie in un volume intitolato “Ta-pù, lu trumbone d’accompagnamente”, dal nome di uno dei suoi più noti componimenti, che raccoglieva un’ampia scelta di componimenti dellaportiani.

Fu subito un grande successo di pubblico tanto che il volume dovette essere più volte ristampato.

"Ta-pù" è un lavoro composto nel 1920, che dà il titolo alla raccolta di poesie

Nell'opera Modesto Della Porta rappresenta un calzolaio, suonatore del trombone d'accompagnamento, strumento musicale presente nelle bande, il cui unico suono è, appunto, "Ta-pù"

Questo calzolaio, come tanti altri artigiani dell'epoca, suonava nella banda durante il periodo delle feste, girando di città in città, non soltanto spinto da ragioni economiche, ma per passione, ed in questo lavoro sono espresse le sue amare riflessioni sulla vita.

Nel 1934 Modesto si trasferì a Roma per aprire una sartoria che ben presto attirò una notevole clientela.

Il soggiorno nella capitale gli diede modo di collaborare con l’EIAR per la rubrica radiofonica “ Dieci minuti del Lavoratore” e sempre alla radio presentò e lesse l’inedita Novena di Natale subito pubblicata, poi, per i tipi dell’editore Palmerio di Guardiagrele.

Purtroppo il destino non gli fu favorevole, colpito da tubercolosi si ritirò al suo paese natale dove morì il 23 luglio 1938, a 53 anni.

Nel 1954 alcuni amici del poeta fecero pubblicare, col titolo di Poesie, dei componimenti rimasti inediti dalla casa editrice Marchionne di Chieti.

Modesto Della Porta è di certo la voce più popolare dell’Abruzzo per la schiettezza dei temi e per la loro precisa rispondenza alla mentalità e al tessuto sociale dei paesi abruzzesi di montagna.

Egli sa cogliere nella struttura narrativa gli aspetti semplici, il valore delle sane tradizioni, l’arguzia e la sapienza popolare che tanto sta a cuore al lettore medio, il quale guarda alla poesia dialettale come a un gioco ove si riflettono i buoni sentimenti e da cui può scaturire un sorriso di compiacimento e di complicità.

La sua cultura quindi, più che nascere dai libri scolastici, derivava dalla conoscenza dei proverbi e delle tradizioni abruzzesi.

Non potendosi considerare propriamente un letterato, in passato, nonostante il grande successo riscosso dalle sue poesie e la conseguente notorietà, non fu mai molto apprezzato dai critici letterari.

Solo di recente si è iniziato ad apprezzarne la icasticità espressiva e a dargli il merito di far conoscere la vita delle genti abruzzesi di un tempo: una vita povera, umile e fatta di immani sacrifici.

Con le sue opere Modesto Della Porta rappresenta in chiave umoristica la realtà del suo tempo, in maniera molto spesso cruda, con la semplicità e la genuinità di un uomo del popolo, che evita ragionamenti e spiegazioni filosofiche. Egli riesce a far riflettere sul dolore umano, ma lo fa sempre servendosi del riso.

Serenate a Mammà

O Ma', se quacche notte mi ve ‘nmente,

ti vujje fa' na bella 'mpruvisate

t'aja minì a purtà na serenate

'nche stu trombone d' accumpagnamente.

 

Né ride, Ma’, le sacce:

lu strumente è ruzze e chi le sone nen te fiate,

ma zitte, ca se cojje lu mumente,

capace ca l’accucchie na sunate.

 

Quande lu vicinate s'arisbejje,

sentenneme suna', forse pu' dire:

“vijat’a jsse coma sta cuntente”!

 

Ma tu che mi cunusce nen ti sbejje:

li si ca ugne suffiate è nu suspire,

li si ca ugne mutive è nu lamente!

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