Santa Maria Goretti, Santa, nasce il 16 ottobre 1890 a Corinaldo, in provincia di Ancona, e muore il 6 luglio 1902 a Nettuno, giorno in cui viene ricordata dalla Chiesa.
E’ venerata come Santa e martire dalla Chiesa cattolica.
Vittima di omicidio a seguito di un tentativo di stupro da parte di un vicino di casa, fu canonizzata il 24 giugno 1950 da Papa Pio XII.
La famiglia Goretti, originaria di Corinaldo nelle Marche, era composta dai coniugi Luigi Goretti e Assunta Carlini, entrambi coltivatori diretti, e dai loro sei figli (un settimo figlio, il primogenito, morì a pochi mesi).
La vita della giovane Maria, fino al suo omicidio, non fu diversa da quella dei figli di molti lavoratori agricoli che dovettero lasciare le proprie terre per cercare sostentamento altrove: analfabetismo, denutrizione, lavoro pesante fin dall'infanzia.
Maria, deceduta a 11 anni, era alta 1,38 m e, secondo il referto autoptico, appariva vistosamente sottopeso e presentava sintomi di malaria in fase avanzata.
I Goretti, in cerca di una migliore occupazione, si trasferirono dapprima a Paliano (nei pressi di Anagni), e in seguito alle Ferriere di Conca, oggi frazione di Latina ma all'epoca compreso nel territorio comunale di Cisterna di Roma (l'attuale Cisterna di Latina), inprovincia di Roma, assieme ai Serenelli: una famiglia amica.
Nel 1900, Luigi Goretti morì di malaria e la collaborazione coi Serenelli, anch'essi in difficoltà, si fece ancora più stretta.
Alessandro, secondogenito dei Serenelli, tentò diversi approcci di natura sessuale nei confronti dell'undicenne, che raggiunsero il culmine nell'estate del 1902: il 5 luglio, con la scusa di farsi rammendare dei vestiti, Alessandro attirò Maria in casa e tentò di violentarla.
Di fronte alle grida e ai tentativi di difendersi, la ferì più volte con un punteruolo.
Al processo, confermando quanto detto ai carabinieri immediatamente dopo l'arresto, Serenelli confessò di aver preparato l'arma e di aver deciso di usarla qualora la bambina gli avesse opposto resistenza.
Confessò inoltre che la decisione di uccidere Maria era stata in parte motivata dal desiderio di fuggire dalla vita intollerabile nei campi, nella convinzione che la vita in carcere fosse preferibile.
È molto probabile che il giovane Alessandro, proveniente da una famiglia in cui numerosi membri avevano dato segni di squilibrio mentale e figlio di un padre alcolista, fosse in realtà impotente e abbia ferito mortalmente la sfortunata vittima una volta resosi conto di non riuscire a mettere in atto lo stupro.
Maria, ancora cosciente, venne trasportata all'ospedale Orsenigo di Nettuno; la morte sopravvenne il giorno successivo per una setticemia conseguente a un intervento chirurgico.
Le esequie vennero celebrate l'8 luglio 1902 nella cappella dell'ospedale, e il corpo della bambina tumulato nel cimitero comunale.
Già durante il Fascismo la devozione per Maria Goretti si diffuse tra gli strati più umili della popolazione, in particolare quelli rurali, appartenenti allo stesso mondo in cui la piccola martire era cresciuta.
Lo stesso regime cercò di cavalcare la devozione popolare per favorire la nascita di un'icona cara ai contadini.
Anche dopo la caduta del fascismo e della monarchia sabauda, negli anni cinquanta, l'immagine di Maria Goretti rimase popolare anche presso i non cattolici, al punto che il giovane dirigente comunista Enrico Berlinguer indicò nel coraggio e nella tenacia della piccola santa un esempio da imitare per le giovani militanti comuniste.
A partire dagli anni settanta, in periodo di affermazione del femminismo, la figura di Maria Goretti perse gradualmente popolarità, in quanto ritenuta dai non cattolici troppo legata a una visione tradizionale della donna, casta, votata alla maternità e al lavoro domestico.
L'11 dicembre 1949 la Congregazione delle Cause dei Santi riconobbe come miracolose due guarigioni attribuite all'intercessione di Maria Goretti: quella di Giuseppe Cupe (8 maggio 1947) e quella di Anna Grossi Musumarra da pleurite (11 maggio dello stesso anno).
La canonizzazione avvenne sotto il pontificato di Pio XII, il 24 giugno 1950.
Per la prima volta, nella millenaria storia della Chiesa, la cerimonia si svolse all'aperto in piazza San Pietro a Città del Vaticano, e vide la partecipazione anche della madre di Maria Goretti.
Il giorno di commemorazione istituito fu il 6 luglio, anniversario della morte della Goretti.
Secondo l'agiografia, la motivazione della proclamazione della sua santità furono in primo luogo il perdono concesso al suo uccisore che Maria effettuò poco prima di morire, perdono che condusse alla conversione di Alessandro Serenelli e poi alla decisione di entrare in convento dopo aver scontato 30 anni di carcere e, in secondo luogo, il proposito fatto a 11 anni, al momento di ricevere la prima comunione «di morire prima di commettere dei peccati».
Il corpo e le reliquie di Maria Goretti sono conservati a Nettuno, nel Santuario di Nostra signora delle Grazie e di Santa Maria Goretti e a Corinaldo, in provincia d'Ancona, dove è visitabile anche la sua casa natale.
Non esistono sue fotografie e i ritratti visibili sono di fantasia o realizzati secondo le indicazioni dei parenti.
Nel 1953, il leader del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti propose Maria Goretti come modello di vita alle giovani comuniste facenti parte della FGCI, Federazione Giovanile Comunista Italiana.
Alessandro Serenelli fu condannato a 30 anni di reclusione.
Nel carcere giudiziario di Noto, dal 1902 al 1918, incoraggiato dal vescovo di Noto del tempo, Giovanni Blandini, maturò il pentimento e la conversione alla religione cattolica.
Anni dopo Serenelli avrebbe raccontato di aver tentato una riconciliazione con la famiglia e la religione in seguito a un sogno in cui la sua vittima gli offriva dei gigli che si trasformavano in fiammelle.
Nel 1929, dopo 27 anni di reclusione, Serenelli fu scarcerato in anticipo per buona condotta e chiese il perdono dei familiari di Maria Goretti.
La madre glielo accordò.
Dopo tale episodio, Serenelli trascorse il resto della sua vita come giardiniere e portinaio in un convento di cappuccini a Macerata dove morì il 6 maggio 1970, a 88 anni, per le conseguenze di una frattura del femore provocata da una caduta.
Attualmente, secondo un'antica idea di papa Benedetto XVI ora valutata da papa Francesco, si sta pensando di associare Maria Goretti a Santa Dinfna come protettrice delle vittime di stupro.
La vicenda di Dinfna, martire irlandese morta in Belgio nel VII secolo, è analoga a quella di Maria Goretti e di Santa Scorese.