La notte dei Saraceni
Data ricorrenza il 12 luglio
Rievocazione del tentativo dei saraceni, nel 1566, di saccheggiare la cittadina.
A Villamagna ogni anno, la notte fra il 12 e il 13 luglio, si rinnova la festa di Santa Margherita e i saraceni.
La costa adriatica è stata sempre minacciata dal pericolo di saraceni, barbareschi e turchi che spesso sbarcavano in Abruzzo, dove, risalendo il corso dei fiumi e seguendo come naturale via di penetrazione il tracciato vallivo, arrivarono ad attaccare anche le zone interne.
A testimonianza di quanto questo pericolo abbia orientato l'immaginario popolare restano, non solo le numerose torri costiere di avvistamento innalzate sistematicamente sul litorale, ma anche le tradizioni, le leggende, la letteratura popolare che ripropongono, in termini stereotipati, l'antagonismo tra arabi e cristiani, oltre che le espressioni lessicali per le quali saraceno e turco sono sinonimi di peccatore e di uomo spietato.
In alcuni casi la figura del turco ha sostituito, nell'ambito delle feste legate al ciclo agrario, il concetto di negatività, presente in più antiche forme rituali organizzate nel combattimento simbolico tra il bene e il male.
Narra la leggenda che questa avrebbe scongiurato l'invasione del paese e la decimazione dei suoi abitanti, sbarrando, sotto la forma fisica di una trave incandescente, il passo ai saraceni che, nel 1566, dopo aver attaccato i paesi della costa, stavano penetrando verso l'interno.
Per rievocare questo miracolo la mattina del 13 luglio dopo le cerimonie religiose e la processione durante la quale la statua della Santa attraversa le strade del centro, ha luogo, tra l'entusiasmo di tutto il paese, la rappresentazione di una battaglia di cui sono interpreti i saraceni, la gente di Villamagna e la Santa.
Un folto gruppo di giovani, vestiti alla turchesca, armati di lance e scimitarre, alcuni a cavallo, altri a piedi, marciano, con fare minaccioso, mimando una incursione, verso il paese.Mentre il grosso della truppa si accampa in attesa di sferrare l'attacco conclusivo, un drappello di tre uomini avanza in circospetta avanscoperta. Improvvisamente si trovano di fronte una fanciulla che sbarra loro il passo e, dopo averli invitati a desistere dai loro propositi di distruzione, improvvisamente sparisce.
I tre, sconcertati decidono di riferire l'accaduto al comandante che però rincuora gli armati e li incita a proseguire.
Ma, fatta poca strada, la misteriosa fanciulla torna a mostrarsi e di nuovo li esorta a tornare indietro.
I saraceni però, già schierati e in assetto di guerra, preceduti da una fanfara, si preparano a sferrare l'ultimo attacco.
Fatta poca strada si trovano di fronte una trave incandescente che sbarra loro il passo, mentre la giovinetta, apparsa di nuovo oltre il fuoco, li ammonisce severamente.
La terza apparizione sconvolge definitivamente il piano di attacco e i saraceni indietreggiano fino alla località la Croce, dove presi da un improvviso tremore, decidono di rinunciare all'assedio e al saccheggio e di entrare a Villamagna da amici.
Avanzano quindi fino alla chiesa, dove la popolazione è raccolta in preghiera.
Qui di fronte all'immagine della Santa, in cui riconoscono la misteriosa fanciulla, si inginocchiano e il capitano dona alla chiesa il suo pennacchio tempestato di gemme.
La rappresentazione si conclude con la conversione dei saraceni a cui vengono offerti dolci evino, mentre la Santa riceve in dono canestri ricolmi di grano e ciambelle.
La presenza di questi doni cereali induce a classificare la festa, al di là della leggenda di fondazione che fa riferimento ai saraceni, in quelle agrarie di ringraziamento, anche perché un dato ora perduto, ma di cui fanno menzione i folcloristi del secolo scorso, documenta la presenza, durante la processione, di fanciulle che sfilavano recando in testa conche ripiene di grano ed ornate di rami di basilico e di giovani che procedevano appoggiandosi a pertiche, in cima alle quali era posto un mazzo di spighe e di fiori.
Fonte Edizioni Menabò – d’Abruzzo