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La battaglia di Pizzoferrato

La più cruenta di tutte le battaglie

Avvenne il 3 febbraio 1944

La battaglia di Pizzoferrato venne definita dal padre fondatore della gloriosa Brigata Majella, Ettore Troilo, come “la più cruenta di tutte le altre e in cui i patrioti hanno dato fulgida prova di eroismo e sacrificio”.

Nel pomeriggio del 2 febbraio il Maggiore Wigram, con 29 inglesi e 60 patrioti, lasciano Montelapiano portandosi a Fallo.

A Fallo vengono raggiunti da due plotoni di paracadutisti italiani al comando del Capitano Gay.

Fra il Maggiore Wigram e il capitano Gay si stabilisce che il Maggiore con le sue forze (patrioti e inglesi) sarebbe partito da Fallo alle 19 per trovarsi a Pizzoferrato prima dell’alba del 3 febbraio, mentre quelle del Capitano Gay avrebbero lasciato Fallo alle ore 2,30 del 3 febbraio per trovarsi a Pizzoferrato all’alba.

I patrioti della “Brigata Majella” insieme ad un plotone di 25 soldati britannici, raggiunsero Pizzoferrato per liberarla dall’occupazione tedesca alle ore 4 del mattino del 3 febbraio dopo nove ore di una faticosa marcia notturna sotto una costante bufera di neve, e già alle 4,45 la neve si macchiò di sangue con il primo caduto: il maggiore Lionel Wigram comandante della spedizione.

La battaglia in pochi minuti divampò in tutto il paese con esiti alterni anche se si notò un certo sbandamento e smarrimento tra le fila degli italiani.

Ma presto lo sbandamento fu superato per l’alto spirito patriottico e i nostri si disposero sulle rocce circostanti la chiesa della Madonna del Girone sdraiati sulle neve per attaccare Casa Casati dove era asserragliata la gran parte della guarnigione tedesca.

Verso la 10,30 la situazione precipitò a sfavore degli italiani che furono costretti a rifugiarsi dentro la piccola chiesa della Madonna del Girone dove speravano di aver salva la vita.

Ma i tedeschi passarono al contrattacco e con scariche di mitragliatrici e bombe a mano lanciate dalle finestre, sfondarono prima la porta e poi una infinità di micidiali pallottole si sparsero in tutta la chiesa, colpendo a raffica l’altare, il muro dell’abside intorno al Crocifisso e uccidendo tutti i patrioti che stavano al suo interno.

La cruenta battaglia dopo l’eccidio dentro la chiesa continuò ancora fino all’ora del tramonto, alle 17,30 circa: agli angoli delle case silenziose e vuote, sulle rocce coperte di neve e dentro la piccola chiesa giacevano i corpi dei 13 patrioti caduti in combattimento.

Un silenzio agghiacciante dominava nell’aria, la neve calpestata era tutta seminata di bossoli, di armi, chiazzate qua e là di sangue.

Ma l’eroico sacrificio dei patrioti della “Brigata Majella” raggiunse lo scopo di liberare Pizzoferrato.

Infatti all’alba del 4 febbraio i tedeschi superstiti (i loro morti furono circa 23) lasciarono il paese.

Furono suonate le campane della Chiesa in segno di Liberazione del Paese.

Alla battaglia parteciparono: Lorenzo D’Angelo, Luigi Donato Di Francesco, Nicola Di Renzo, Nicola De Ritis, Pasquale Croce, Giuseppe Giglio, Galizio Lucci, Amerigo Di Renzo, Orlando Di Reto, Domenico Di Gravio, Vincenzo D’Angelo, Umberto Di Renzo e Guido D’Angelo.

“Fu grazie anche a questa azione di guerra e a questo sacrificio – dice il sindaco di Pizzoferrato, Palmerino Fagnilli - che la bandiera della “Brigata Maiella” fu decorata con una “Medaglia d’oro al valore militare”, un riconoscimento che ci riempie di orgoglio e al tempo stesso di infinita gratitudine per le libertà riconquistate dopo anni di feroce dittatura nazifascista”.

I caduti:

Nicola De Rosa, di 27 anni, impiegato, di Casoli;

Angelo Rossi, di anni 21, militare, di Colledimacine;

Gaetano Di Gregorio, di anni 20, contadino, di Gessopalena;

Domenico Madonna, di anni 22, studente, di Lama dei Peligni;

Mario Silvestri, di anni 22, contadino, di Pacentro;

Lorenzo D'Angelo, di anni 20, contadino, di Pennadomo;

Luigi Di Francesco, di anni 22, contadino, di Pennadomo;

Nicola Di Renzo, di anni 24, contadino, di Pennadomo;

Alfonso Piccone, di anni 21, sarto, di Torricella Peligna;

Mauro Piccoli di anni 22, contadino, di Torricella Peligna;

Giuseppe Fantini, di anni 18, contadino, di Torricella Peligna;

Giosia Di Luzio, di anni 44, contadino, di Torricella Peligna;

Alberto Pavia, di anni 21, cuoco, di Villa Santa Maria.

tutti pazzi per la Civita

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