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La storia dei Bersaglieri

I bersaglieri sono una specialità dell'Arma di fanteria dell'Esercito italiano.

Ogni anno, il 18 giugno si festeggia l'anniversario della loro costituzione, avvenuta nel 1836.

L'associazione d'arma di riferimento è l'Associazione nazionale bersaglieri.

Il Corpo dei bersaglieri venne istituito, con regio brevetto del 18 giugno 1836, da re Carlo Alberto di Savoia su proposta dell'allora capitano del Reggimento guardie Alessandro La Marmora, e ricevette il battesimo del fuoco l'8 aprile 1848 nella battaglia di Goito durante la prima guerra di indipendenza italiana.

Il compito assegnato alla nuova specialità prevedeva le tipiche funzioni della fanteria leggera - esplorazione, primo contatto con il nemico e fiancheggiamento della fanteria di linea (senza però schierarsi e frammischiarsi con quest'ultima) - ma si caratterizzava, come nelle intenzioni del suo fondatore, per un'inedita velocità di esecuzione delle mansioni affidate ed una versatilità d'impiego che faceva dei suoi membri, ancorché appiedati, oltreché dei cacciatori, anche delle guide e dei guastatori ante litteram.

Dotato di ampia autonomia operativa, il corpo era formato da uomini addestrati alla corsa ed al tiro con moderni fucili a retrocarica pronti ad agire, anche isolatamente, per impegnare di sorpresa l'avversario in azioni di disturbo col preciso intento di sconvolgerne i piani, organizzati in piccoli gruppi schierati in quadrato, però, i bersaglieri potevano essere impiegati anche in contrasto alla cavalleria per romperne la carica.

Le prime quattro compagnie che confluiranno poi nel I battaglione vennero formate, rispettivamente, nel luglio 1836 (la 1a), nel gennaio 1837 (la 2 a), nel gennaio 1840 (la 3 a) e nel febbraio 1843 (la 4 a). Un secondo battaglione si formò il 23 aprile 1848 ed a cinque il 30 dicembre 1848, il 10 marzo 1849 gli furono aggiunti due battaglioni bersaglieri della divisione lombarda. Nell'aprile 1849 le truppe comandate da Alfonso La Marmora intervennero per sedare i moti nella città di Genova.

Con il trascorrere degli anni aumentò il numero dei battaglioni: 10 nel 1852, 16 nel 1859, 27 nel 1867 e nel 1861, divenuti 36, vennero riuniti in sei comandi di reggimento con compiti amministrativi e disciplinari.

Nel 1856 fu creata la carica di "ispettore del corpo dei bersaglieri", con le attribuzioni dei comandanti di brigata.

Nel 1854 furono impegnati nella guerra di Crimea, prima "missione all'estero" di truppe italiane dove morì lo stesso Alessandro La Marmora.

I bersaglieri vennero impiegati, dopo l'unificazione italiana, anche per contrastare il brigantaggio a sud. In questa occasione si dimostrarono un corpo particolarmente adatto specie per le impervietà del territorio dove vennero impiegati. Non mancarono episodi brutali che caratterizzarono alcune operazioni di pacificazione del Regno messe in atto dal governo italiano. Episodi di questo genere furono particolarmente cruenti in Basilicata dove imperversava il famoso brigante Carmine Donatelli Crocco.

Protagonisti della presa di Roma del 20 settembre 1870, i battaglioni persero l'autonomia operativa dal 1º gennaio 1871 e passarono alle dipendenze dei reggimenti, portati a dieci. Questi, dal 1882, passarono su quattro battaglioni ciascuno. Con l'ordinamento del 1910 presso ogni reggimento si formò un battaglione ciclisti, soppresso poi nel marzo 1919. Durante la prima guerra mondiale (1915-1918) il corpo venne ordinato in due divisioni speciali, 7 brigate, 21 reggimenti e 5 battaglioni autonomi.

Nel 1924 i 12 reggimenti rimasti vennero trasformati in ciclisti, organico che poi cambiò nel 1936.

Reparti di bersaglieri parteciparono all'occupazione dell'Albania le cui operazioni durarono pochi giorni e, salvo qualche scontro, non ci furono grosse battaglie. Il corpo di spedizione era composto da due scaglioni; del primo facevano parte 12 battaglioni bersaglieri, 9 ciclisti, 1 motociclista, 1 autoportato ed uno 1 misto. I reparti bersaglieri che parteciparono all'occupazione dell'Albania erano così inquadrati:

  • Colonna Durazzo: comando del 2° reggimento;
  • Colonna S. Giovanni di Medua: comando del 9° reggimento;
  • Colonna di Valona: comando del 1º reggimento;
  • Colonna di Santi Quaranta: comando del 12º reggimento.

In tre giorni tutti gli obiettivi furono raggiunti.

L'ultimo fu la città di Fieri che venne occupata alle ore 18 dell'8 aprile.

Durante la seconda guerra mondiale i reggimenti bersaglieri erano inquadrati nelle divisioni corazzate, motorizzate e celeri, e combatterono su tutti i fronti. Si distinsero soprattutto sul fronte africano sotto il comando del generale Rommel che grazie al loro intervento di schermaglia, riuscì ad ottenere una ritirata strategica in netta inferiorità numerica durante la seconda battaglia di El Alamein, contro le truppe inglesi con minime perdite. Da questo evento la famosa citazione di Rommel:

"Il soldato tedesco ha stupito il mondo, il bersagliere italiano ha stupito il soldato tedesco".

Il 22 agosto la Germania diede inizio all'operazione Barbarossa, l'attacco all'Unione Sovietica, la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi, che determinò qualche anno più tardi la sconfitta del Terzo Reich.

Il nostro esercito inviò il 10 luglio 1941 il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.l.R.) composto da 3 divisioni celeri: Pasubio, Torino e Principe Amedeo Duca d'Aosta.

In quest'ultima divisione confluì il 3° reggimento bersaglieri così composto: battaglioni XVIII, XX e XXV, 3 compagnie motociclisti (1a, 2 a, 3 a), 2 compagnie controcarro (172° e 173°) ed il 122° autoreparto.

Nelle varie azioni i reparti vennero spostati alle dipendenze delle varie unità. Alla fine del 1941 il reggimento aveva perso la metà degli effettivi, così ne fu inviato uno nuovo, il 6°, reduce dalla Jugoslavia. Questo risultava composto da 3 battaglioni, il VI, XIII e XIX, 106ª compagnia motociclisti, 272 a cannoni e dal XIV autogruppo.

La 17 a motociclisti e la 72 a cannoni, che appartenevano al 6°, erano in Africa settentrionale mentre la 2^ motociclisti e la 172^ cannoni erano già in Russia con il 3º reggimento.

Dall'Italia, per rinforzare il 3°, giunse il 103º battaglione complementi bis con 600 uomini. Nell'estate del 1942 arrivò un nuovo battaglione, il LXVII reparto di bersaglieri corazzato su carri L6-40.

Con 3 compagnie motociclisti, la 106°/6°, la 2 a /6° e la 3 a /3° fu costituito il XLVII battaglione motociclisti. Il 9 luglio il C.S.I.R. diventò XXXV corpo d'armata inquadrato neIl'8ª armata italiana. Verso la fine del dicembre 1942, il 3º reggimento venne praticamente distrutto in combattimento.

Anche il 6°, a causa delle gravi perdite, fu ricostituito: comando, VI e XIX battaglione (con alcuni superstiti del 3°) e altri reparti minori. Alcuni scampati dalla distruzione deI 3º reggimento vennero riuniti Il 14 marzo presso il comando celere, a Sytnlcovo, per far parte di un nucleo provvisorio deI 3° reggimento comandato da un capitano che li riportò in Italia alla fine del marzo 1943.

Un contributo del corpo venne dato durante la guerra di liberazione italiana e nella Repubblica Sociale Italiana.

Per quanto riguarda i reparti che combatterono con il Regno del Sud occorre dividere le vicende in tre parti. La prima ha inizio con la creazione del 1º raggruppamento motorizzato il 28 settembre 1943. In questo reparto, forte di 5.000 uomini, venne inquadrato il LI battaglione bersaglieri d'istruzione allievi ufficiali di complemento, il raggruppamento motorizzato prese parte alla battaglia di Montelungo.

Nel gennaio 1944 fu ricostituito il 4º reggimento bersaglieri su: compagnia comando, XXIX battaglione su 3 compagnie moschettieri, 1 accompagnamento ed 1 comando, XXXIII battaglione della stessa consistenza dell'altro. Il secondo periodo è quello del Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.) che dal 18 aprile 1944 sostituì il raggruppamento motorizzato. lI 4º reggimento fu ampliato (agosto) con l'aggiunta della 1ª compagnia motociclisti. Il terzo periodo inizia il 24 settembre con la creazione dei gruppi di combattimento che operarono fino all'8 maggio 1945. Il 4º reggimento venne sciolto e fu formato il battaglione Goito inquadrato nel Legnano.

Il battaglione era compostoda da una compagnia comando, 5^, 6^ e 7^ compagnie bersaglieri e l'8ª compagnia armi d'accompagnamento. Poco prima della fine, a Brescia, cambiò nuovamente in LI battaglione con sede a Milano.

Oltre a questi reparti, ci fu anche il 447º battaglione bersaglieri che assorbì anche i colleghi del battaglione DLVIII dislocato in Calabria, ma che non combatté alcuna battaglia.

Riguardo ai reparti che combatterono nelle file della Repubblica Sociale Italiana il primo reparto a costituirsi fu il 3° reggimento volontari formato a Milano il 27 settembre 1943, con personale proveniente dal vecchio 3° reggimento. In pochi giorni si creò il comando, il reparto comando reggimentale, i battaglioni XVIII, XX, XXV e LI.

I battaglioni erano formati da una compagnia comando e da quattro compagnie bersaglieri. Il XX battaglione aveva due compagnie ciclisti e fungeva da battaglione allievi ufficiali. Agli inizi del 1944 il reggimento sarebbe dovuto diventare 1° reggimento ma poi il comando venne spostato in Germania per raggiungere la divisione bersaglieri Italia.

I battaglioni che formavano il reggimento diventarono autonomi, cambiando la numerazione e lasciando la vecchia come riferimento. I nuovi reparti erano: il I (LI), il Il (XX), il III (XXV) ed il IV (XVIII).

Dal 2 agosto si trovarono alle dipendenza dell'Armata italiana Liguria. L'8º reggimento bersaglieri, successivamente denominato Manara, venne costituito l'11 settembre 1943 a Verona. Il primo reparto a formarsi ed a raggiungere il fronte fu il 1º battaglione bersaglieri Mussolini che combatté dalla fine di ottobre 1943 fino al 30 aprile 1945 sulla frontiera orientale; era costituito su: comando, compagnia comando, 1ª compagnia guastatori, 2ª e 3ª compagnia mitraglieri, 4ª compagnia mortai.

La zona d'operazioni fu la valle Boccia, la valle dell'lsonzo da Caporetto a Monfalcone, Tolmino, Piedicolle e Capivano. Questo reparto subì perdite gravissime.

Il 28 aprile 1945 ebbe l'ordine di riunirsi a Santa Lucia e da lì muovere insieme con il 3° battaglione verso Cividale.

Durante il ripiegamento i reparti furono attaccati e praticamente distrutti. I pochi superstiti vennero deportati nel campo di concentramento di Borovnica, presso Lubiana, dove subirono le peggiori angherie. Solo pochissimi nel 1946 riuscirono ad uscire da quel vero inferno. Altri reparti furono il 2° battaglione Mameli che operò sul fronte adriatico, in Garfagnana e si arrese nella zona di Parma. lI 3° battaglione Toti fu formato il 20 maggio 1944.

La divisione bersaglieri Italia fu costituita a Heuberg in Germania con volontari provenienti dai campi di concentramento (in tutto erano 14.000 uomini). Era dislocata a sud di Parma, combatté in Garfagnana e si sciolse il 28 aprile in Val di Taro.

Per ultimo, citiamo il battaglione bersaglieri Fulmine inquadrato nella X MAS, successivamente Decima divisione. Il reparto combatté sul fronte orientale, venne accerchiato a Tarnova della Selva, in territorio slavo, e fu liberato grazie all'azione di un altro reparto della Decima, la 1ª compagnia del battaglione guastatori alpini Valanga. Anche qui, come per il Mussolini, si ebbero molte perdite e i prigionieri furono trattati in maniera disumana.

Già nel 1946 avvenne la ricostruzione del 3º Reggimento cui fece seguito nel 1949 quella dell'8º che nel 1975 diede vita alla Brigata bersaglieri "Garibaldi".

I bersaglieri a partire dagli anni 1980 furono una delle specialità utilizzate in missioni militari italiane all'estero (Libano, Iraq, Afghanistan).

Decalogo di La Marmora

  1. Obbedienza
  2. Rispetto
  3. Conoscenza assoluta della propria arma
  4. Molto addestramento
  5. Ginnastica di ogni genere sino alla frenesia
  6. Cameratismo
  7. Sentimento della famiglia
  8. Rispetto alle leggi ed onore al capo dello Stato
  9. Onore alla Patria
  10. Fiducia in se stessi sino alla presunzione.

La bandiera fu adottata con regio decreto di Carlo Alberto dell'11 aprile 1848.

I bersaglieri, in quanto ordinati al livello massimo di battaglione, non avevano né potevano avere la bandiera, affidata soltanto ai reggimenti. Non la ebbero nemmeno alla fine del 1870 quando i loro battaglioni furono ordinati in Reggimenti.

Si ritenne, forse, che essa con le sue dimensioni, impedisse all'alfiere di sfilare di corsa alla testa del reggimento. Quando, infatti, si giunse – il 19 ottobre 1920 – a consegnare anche ad essi il drappo tricolore, si ricorse al labaro col quale la corsa si effettuava agevolmente.

Il 7 giugno del 1938, infine, il labaro venne sostituito dalla bandiera nazionale, adottando un “formato ridotto” che offrisse meno resistenza al vento nella corsa. Con l'avvento della Repubblica, il “formato ridotto” lasciò il posto al “tipo unico”.

L'alfiere dei bersaglieri, tuttavia, ha continuato a sostenerla in modo da farla sventolare in alto, visibile da lontano a tutto il reparto.

La fanfara è nata con la prima compagnia di bersaglieri «…marciavano in testa dodici soldati colla carabina sulla spalla sinistra, tenendo nella destra corni da caccia con cui suonavano una marcia allegra, vivace e tale da far venire la voglia di correre anche agli sciancati…» (Quarenghi)

Era il 1º luglio 1836, la prima volta che i bersaglieri uscirono dalla caserma “Ceppi” in Torino, dove erano nati. I bersaglieri non possono eseguire una sfilata in mancanza della fanfara.

Infatti l'atto costitutivo del 18 giugno 1836 stabiliva che per ogni compagnia vi fossero 13 trombette ed un caporale trombettiere. La riunione per l'addestramento musicale dei trombettieri delle varie compagnie diede origine alla fanfara di battaglione, che dopo pochi anni si formò come reparto a sé, mentre le compagnie continuarono a disporre di propri trombettieri. Alle trombe si sono con il tempo aggiunti altri strumenti a fiato.

Oggi è l'unica banda al mondo ad esibirsi a passo di corsa. L'uso deriverebbe, secondo la tradizione popolare, dall'ingresso in Roma, alla breccia di Porta Pia, che doveva effettuarsi a passo di carica, ma che invece divenne spontaneamente una corsa dei soldati

Oltre alla fanfara della Brigata bersaglieri "Garibaldi", il 6º Reggimento bersaglieri, il 7º Reggimento bersaglieri e l'11º Reggimento bersaglieri hanno una propria fanfara.

L'inno dei bersaglieri è stato composto nel 1860 dal giovanissimo ufficiale del bersaglieri Giulio Ricordi con testo del poeta Giuseppe Regaldi.

Nel 1862 Pietro Luigi Hertel ne fece una versione titolata "Flik Flok".

L'arrangiamento attuale fu nel 1886 del maestro Raffaele Cuconato come "Marcia dei Bersaglieri".

Il piumetto è composto di penne ancor oggi spesso naturali, anche se sono ammesse quelle sintetiche ecologiche.

Al termine corretto di penne, si preferisce talvolta quello più improprio di piume, celebrate come tali in diverse canzoni.

Accade si legga erroneamente che la provenienza del piumaggio sarebbe da penne addirittura di gallo cedrone, specie rara da sempre e protetta ai giorni nostri.

In realtà sin dalle origini, all'atto della formazione del Corpo nel 1836, quando le compagnie furono due e il totale degli ufficiali nove, fortunatamente mai si cacciò tale specie le cui penne appaiono tra l'altro ben diverse da quelle comunemente conosciute per tale uso.

La truppa adoperò principalmente penne di cappone nero e gli ufficiali, a distinzione, ebbero il pennacchietto di più pregiate piume di struzzo colorate in verde.

Nel 1863, appena dopo l'Unità d'Italia, il corpo dei Bersaglieri contava 36 battaglioni per un totale di 25.423 effettivi che portavano un piumaggio in taluni casi composto sino da 600 penne. Ciò escludeva ovviamente la provenienza da volatili rari.

Gli ufficiali presto decisero di uniformare anche il proprio piumetto che infatti non si distingue da quello della truppa ancora ai nostri tempi. Il cappello circolare ed ampio all'inizio veniva usato come protezione dal sole per l'occhio destro, quello che aveva il compito di mirare, e infatti quasi tutti i cacciatori dei vari eserciti, all'epoca della formazione del corpo, ricoprivano il berretto di penne e pennacchi.

Il cappello piumato, in gergo chiamato vaira in onore di Giuseppe Vayra che per primo vestì la divisa del corpo, che si porta inclinato sul lato destro in modo da tagliare a metà il sopracciglio fino a coprire il lobo dell'orecchio, è l'emblema del Corpo ed il simbolo delle sue tradizioni.

A riprova di tale affermazione si ricorda tradizionalmente l'episodio che vide protagonista il tenente colonnello Negrotto, Comandante del 23º Battaglione bersaglieri, che colpito a morte sul Mrzli (campo trincerato di Gorizia) nel 1915, durante la prima guerra mondiale, pose il suo cappello sulla punta della sciabola lanciandolo poi al di là del reticolato nemico gridando: «Bersaglieri, quella è la vostra Bandiera! Andate a prenderla!».

Il fregio è in metallo di colore oro: bomba da granatiere con fiamma a sette lingue, cornetta da cacciatore e due carabine intrecciate. La particolarità del trofeo è la fiamma la quale non sale dritta come per le altre armi, quella del bersagliere è inclinata e fuggente rappresentante della corsa dei bersaglieri.

il cordone verde servì a sostenere la fiaschetta della polvere da sparo (che cadeva sul fianco destro) fino a quando non entrò in dotazione la cartuccia completa. Servì anche per le trombette ed i corni. Attualmente viene indossata con l'uniforme da parata.

Il colore cremisi comparve nelle mostreggiature e filettature della prima giubba di panno azzurro-nero della truppa, e nelle spalline, colletto, bande e manopole degli Ufficiali. Oggi è conservato nelle fiamme.

I guanti neri vennero adottati, nel 1839, a soli tre anni dalla fondazione del Corpo a simboleggiare lo sprezzo della morte.

La Marmora li volle neri perché quelli sperimentati nello stesso anno, blu scuro come la divisa, perdevano il colore. Inoltre all'epoca il guanto calzato era un segno di classe signorile. Gli Ufficiali ed i Sottufficiali dei Bersaglieri, in qualsiasi circostanza di tempo e di luogo e con qualsiasi uniforme nella quale ne sia prescritto l'uso, devono sempre indossare guanti neri di pelle.

Il fez ha la sua origine in Marocco, ma i bersaglieri lo incontrarono in Crimea (1855), dove gli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, entusiasmati dal valore dei bersaglieri (battaglia della Cernaia), offrirono il loro copricapo, il fez, in segno di ammirazione.

Prima, i bersaglieri portavano un “berrettino di maglia di cotone, che copriva le orecchie e poteva tenersi anche sotto il cappello”; di colore rosso aveva un fiocco turchino.

Dopo il cappello piumato (chiamato vaira) il fez diventò, ed è tuttora, un elemento tipico del bersagliere. Il regolamento disciplina il trattamento del fez: non dev'essere riposto in tasca, né arrotolato in mano, né piegato sotto la spallina. La nappa azzurra (la "ricciolina") deve avere il cordoncino corto (massimo 30 cm) in modo da consentirgli di dondolare rapido da una spalla all'altra.

Il 19 giugno 2011 a Torino, in occasione del 59º raduno nazionale del Corpo, fu presentato un nuovo basco nero che prese il posto del tradizionale fez. Sotto il fregio dei bersaglieri, apposto sul lato sinistro del basco, vi è una sottopannatura quadrata di colore cremisi e, in corrispondenza di questa, un piumetto nero: entrambi elementi che ricordano la tradizionale iconografia del Corpo.

A partire dal 1º novembre 2015, il piumetto sul basco è stato tuttavia abolito. Il Fez resta il copricapo per la truppa (VFP1 e VFP4)

Ogni reggimento bersaglieri ha un proprio specifico segnale da tromba. Alle origini del Corpo, quando i bersaglieri combattevano come fanteria leggera in ordine aperto, i segnali da tromba ripetuti servivano a radunare le truppe, oppure, alternati a segnali tattici, ad indicare il reparto destinatario dell'ordine.

tutti pazzi per la Civita

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