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Mario ScelbaMario Scelba, politico, nasce il 5 settembre 1901 a Caltagirone, nella provincia di Catania, in Sicilia, e muore a Roma il 29 ottobre 199

Fu parlamentare italiano dal 1946 (nell'Assemblea Costituente) fino al 1983, ministro dell'Interno dal 2 febbraio 1947 al 7 luglio 1953 e dal 26 luglio 1960 al 21 febbraio 1962.

Fu presidente del Consiglio dei ministri italiano dal 10 febbraio 1954 al 6 luglio 1955 e presidente del Parlamento europeo dal 1969 al 1971.

Mario Scelba conosceva il suo concittadino Don Luigi Sturzo sin dalla più tenera età, e ne divenne segretario particolare nel 1921.

Aderì così subito al Partito Popolare.

Durante il Ventennio esercitò la professione di avvocato civilista, e divenne amico di Alcide De Gasperi.

Nel 1943, sbarcati gli alleati in Sicilia, contribuì a scrivere il primo documento programmatico del partito, Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana.

Membro della Consulta nazionale per la DC, nel dicembre 1945 divenne Ministro delle poste e delle telecomunicazioni nel primo governo di Alcide De Gasperi.

Eletto nel 1946 deputato all'Assemblea Costituente nel collegio di Catania, fu nominato Ministro dell'Interno da De Gasperi il 2 febbraio 1947.

Alla vigilia del referendum istituzionale del 1946 la DC era decisa a pronunciarsi in favore della Monarchia, ma poi cambiò idea su indicazione dello stesso Scelba, che riteneva pericoloso lasciare la preferenza repubblicana in mano ai comunisti.

Il banditismo siciliano costituì la prima grande questione da affrontare.

Di fronte alla strage di Portella della Ginestra del 1º maggio 1947, l'atteggiamento del Ministro dell'Interno fu inizialmente teso a minimizzare l'accaduto, definendo l'eccidio un caso circoscritto di «banditismo feudale», negandone la natura politica.

A questo atteggiamento reticente, smentito dagli stessi proclami istericamente anticomunisti del bandito Salvatore Giuliano, seguì una vasta serie di operazioni militari che portarono infine all'uccisione del bandito. Uno dei provvedimenti presi da Scelba fu la creazione, il 26 agosto 1949, del Comando forze repressione banditismo al cui vertice fu posto il colonnello dei carabinieri Ugo Luca proveniente dal Servizio informazioni militare e da pochi giorni in servizio all'Ispettorato generale di polizia in Sicilia.

Aveva ai suoi ordini 27 ufficiali dei carabinieri e 16 della polizia, e 2.000 uomini (1.500 carabinieri e 500 poliziotti).

Capo di stato maggiore fu l'allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa mentre il responsabile del nucleo informazioni era il tenente colonnello Giacinto Paolantonio.

In pochi mesi fu fatto il vuoto intorno a Giuliano, catturando o uccidendo diversi membri della banda e il 3 luglio 1950 a Castelvetrano uomini del corpo, al comando del capitano Antonio Perenze, dichiararono di aver ucciso il bandito.

In realtà quella fu la versione ufficiale imposta dal Comando generale dell'Arma, perché Giuliano era stato ucciso nel sonno dal cugino e luogotenente Gaspare Pisciotta, che era informatore degli uomini del colonnello Luca.

Luca fu promosso generale e il reparto sciolto.

In vista delle elezioni del 1948 preparò lo Stato al possibile scoppio di una guerra civile, rafforzando la polizia, espellendo da essa elementi considerati (dal punto di vista scelbiano) di dubbia fedeltà, conseguenti ad arruolamenti provvisori avvenuti sul finire della guerra (polizia partigiana), e sostituendoli con uomini di fiducia (chiamati in maniera dispregiativa «scelbiatti») la cui risolutezza e spicciatività provocò tumulti sia in piazza che in Parlamento.

Gli effettivi della polizia, dal luglio del 1947 al gennaio del 1948, aumentarono di 30.000 unità, fino a raggiungere una forza complessiva di 70.000 uomini, in aggiunta ai 75.000 effettivi dell'Arma dei Carabinieri e ai circa 45.000 agenti della Guardia di Finanza.

Il titolare dell'Interno impegnò la macchina organizzativa del Ministero e delle questure nel lavoro per la costituzione e la dislocazione nelle aree nevralgiche del territorio nazionale di reparti mobili e di pronto intervento.

La gestione di Scelba determinò una rapida riorganizzazione del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza. La celere, nata sotto il suo predecessore Giuseppe Romita, crebbe perfezionando l'equipaggiamento (fu dotata di mitragliatrici pesanti e addirittura di mortai) e distinguendosi come un vero e proprio reparto di pronto impiego militare, idoneo a situazioni belliche che l'insorgente guerra fredda rendeva non improbabili.

I reparti della celere divennero unità assai organiche e coese la cui complessità e consistenza quantitativa variavano in funzione dei problemi d'ordine pubblico previsti.

Dopo le elezioni divenne meno acuto il pericolo di insurrezione generale armata delle sinistre.

Si passò al tempo delle manifestazioni, violente ma in genere non armate.

Nell'Italia di quegli anni, le manifestazioni erano organizzate soprattutto dal PCI e dal PSI, per cui Scelba si fece rapidamente fama di nemico e persecutore del comunismo.

Con le elezioni del 1948 diventò frattanto deputato alla Camera dei deputati, dove fu costantemente rieletto fino al 1968, quando passò al Senato.

Scelba fu colui che coniò, il 6 giugno 1949 a Venezia, nel corso del terzo congresso nazionale della Democrazia Cristiana, il termine «culturame».

Scelba esercitò grande fermezza nei confronti di Don Zeno Saltini protagonista di iniziative a favore degli orfani e dei diseredati, tra le quali Nomadelfia, ma le cui idee progressiste avrebbero potuto essere confuse con l'applicazione degli ideali comunisti.

La sua opposizione a Don Zeno e a Nomadelfia venne pesantemente criticata sia dagli intellettuali della sinistra che da quelli cattolici.

Dall'11 luglio al 18 settembre 1952 fu sostituito al Ministero da Giuseppe Spataro, perché fu colpito da malattia.

Dello stesso anno è la legge che porta il suo nome che introdusse il reato di apologia del fascismo.

Scelba fu nominato Presidente del Consiglio dei ministri il 10 febbraio 1954 in un esecutivo centrista, con Giuseppe Saragat vicepresidente dove mantenne la carica di Ministro dell'Interno ad interim.

Il governo Scelba cercò forti relazioni con gli Stati Uniti e contribuì a risolvere le questioni in sospeso in tempo di guerra, come il recupero di Trieste.

Lasciò la Presidenza del Consiglio dopo l'elezione a Presidente della Repubblica di Giovanni Gronchi, il 6 luglio 1955.

Tornò brevemente Ministro dell'Interno nel luglio 1960, in occasione del governo varato da Fanfani, dopo l'episodio increscioso del governo Tambroni con i gravi fatti di Genova e quelli contestuali di Roma e Reggio Emilia, che aveva creato, tra l'altro, il sospetto della minaccia di colpo di Stato in chiave reazionaria.

Ostile al centrosinistra, dopo l'avvento del primo governo Moro nel quale per la prima volta entravano a far parte i socialisti decise di assumere una posizione defilata.

Nel 1966 fu invitato a far parte del terzo governo Moro, sempre di centrosinistra, ma rifiutò l'offerta.

Eletto senatore nel 1968 e dal 1969 al 1979 fece parte della «Rappresentanza italiana al Parlamento europeo».

Nel 1969 fu eletto Presidente del Parlamento europeo, carica che avrebbe mantenuto fino al 1971, e presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, incarico che avrebbe lasciato nel 1973.

Fu costantemente rieletto al Senato della Repubblica in Sicilia nel 1972, 1976 e 1979, dove restò fino al 1983, anno in cui si ritirò dalla vita politica.

Fra le personalità a lui maggiormente legate, il futuro Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

I suoi funerali si tennero, alla presenza dei massimi dirigenti della Democrazia Cristiana del tempo, il 31 ottobre 1991 nella chiesa di San Gioacchino nel rione Prati, a Roma.

Scelba destinò tutti i suoi risparmi di deputato e di presidente del Parlamento Europeo (circa 100 milioni di lire) alla Diocesi di Caltagirone, in forma del tutto anonima e solo dopo la sua morte venne comunicato al Vescovo l’identità dello sconosciuto, generoso donatore.

Secondo lo storico Giuseppe Carlo Marino, docente ordinario dell'Università di Palermo, Scelba, divenuto Ministro dell'Interno il 2 febbraio 1947, diede il via a una politica repressiva antidemocratica verso gli scioperi causando numerose vittime e feriti nel corso della sua funzione pubblica.

Sempre secondo il parere di tale studioso, l'avversione a idee di giustizia sociale di stampo socialcomunista in nome di una priorità di ordine economico portò a violare le libertà costituzionali di opinione e assemblea nei confronti di appartenenti alle formazioni sindacali e delle sinistre.

Secondo Indro Montanelli, invece, la riorganizzazione della polizia da lui effettuata ha permesso una riduzione dei delitti politici e un miglioramento della sicurezza dei cittadini; questa tesi è stata anche affermata dagli autori Elena Aga Rossi e Viktor Zaslavskij.

Si è in proposito sostenuto che il giudizio storico dovrebbe considerare il fatto che nel dopoguerra vi erano «numerose agitazioni che – nate spesso da legittime esigenze sindacali – venivano trasformate dal Pci in manifestazioni che assumevano spesso un carattere violento.

Nel contesto interno ma anche internazionale del dopoguerra Scelba si trovò a fronteggiare queste manifestazioni usando talvolta il pugno duro.

In alcune occasioni gli scontri tra polizia e manifestanti provocarono anche dei morti, e di ciò il Pci accusò appunto Scelba.

Il termine "scelbismo" fu usato per molti anni come un insulto per bollare qualsiasi comportamento del governo che non fosse arrendevole nei confronti dei comunisti»

In ogni caso, il suo nome è legato a una legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale nº 143 il 23 giugno 1952, la legge n. 645, nota come «legge Scelba», che vieta l'apologia del regime fascista e del Partito Nazionale Fascista, che è classificata come reato.

Dopo la strage di Portella della Ginestra, avvenuta il 1º maggio 1947, il suo nome venne fatto da Gaspare Pisciotta, luogotenente di Salvatore Giuliano, e da altri banditi in relazione ai gravissimi fatti avvenuti in Sicilia.

Da diversi storici è stato investigato quale elemento chiave delle connessioni di potere che in un modo o in un altro avrebbero contribuito alla strage medesima e che, al fine di eliminare definitivamente ogni traccia, avrebbero poi deciso l'uccisione del capobanda di Montelepre, avvenuta il 5 luglio 1950.

Ricostruzioni e ipotesi su quei fatti risultano, fra le tante, nell'opera Il binomio Giuliano-Scelba di Carlo Ruta (1995), in Salvatore Giuliano di Giuseppe Casarrubea (2001) e in Segreti di Stato di Paolo Benvenuti (2003).

Tuttavia non fu mai portata alcuna prova e nulla fu mai accertato.

tutti pazzi per la Civita

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