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Antica festa di San Biagio il 3 febbraio tra sacro e profano mentre la Nasa annuncia la sbalorditiva scoperta del telescopio spaziale Keplero: centinaia di pianeti extraterrestri (probabile patria di altri mondi alieni e di straordinarie forme di vita, forse più intelligenti della nostra!) a migliaia di anni luce dalla Terra.

di Nicola Facciolini

Così Biagio diventò il Santo con il pettine e il protettore dei cardatori.

La Festa dei funai, delle retare e dei cardatori di lana, con la processione dei cavalli. Una devozione europea da riscoprire anche su Internet visto che, grazie a San Biagio, le comunità virtuali hanno permesso di rinsaldare legami reali tra familiari, concittadini, città e borghi di tutto il mondo.

San Biagio è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa. Famosi sono gli Archi di Pasqua di San Biagio Platani: le due confraternite, Madunnara e Signurara, rinnovano ogni anno la tradizione. In Sardegna celebre è la devozione al Santo.

Per San Biagio, il Mitrato, il freddo è andato, recita un antico proverbio. Mentre la Nasa annuncia la sbalorditiva scoperta del telescopio spaziale Keplero (http://planetquest.jpl.nasa.gov/), di centinaia di pianeti extraterrestri a migliaia di anni luce dalla Terra (probabile patria di altri mondi alieni e di straordinarie forme di vita, forse più intelligenti della nostra!) il 3 febbraio di ogni anno è giorno dell’antica Festa di San Biagio.

Facoltativa nel martirologio cristiano, ma molto radicata nella devozione e nella tradizione popolare italiana ed europea con manifestazioni, feste e fiere di paese molto suggestive.

Da riscoprire anche su Internet visto che, grazie a San Biagio, le comunità virtuali hanno permesso di rinsaldare legami reali tra familiari, concittadini, città e borghi di tutto il mondo. San Biagio è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica e Ortodossa.

Era medico e venne nominato vescovo della sua città Sebaste in Armenia. Si narra che il santo avesse miracolosamente salvato un bambino che stava per morire, soffocato da una lisca di pesce.

A causa della sua fede venne imprigionato e torturato, ma rifiutò di rinnegare la religiosità cristiana e per questo fu decapitato.

Protettore delle malattie della gola, Biagio visse al tempo della Pax costantiniana. Il suo martirio, avvenuto intorno all’Anno Domini 316, è spiegato dagli storici con una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l’occidentale Costantino e l’orientale Licinio.

Biagio si ritrovò perseguitato nella grande campagna ordita contro i cristiani, si rifugiò in una grotta da eremita ma fu scoperto e catturato dai romani.

Biagio seguì i soldati imperiali e in carcere continuò a fare miracoli, a dichiarare con forza la sua fede, tanto che il prefetto Agricolao lo mandò al martirio facendolo prima scardare e pettinare su tutta la pelle con l’utensile proprio dei cardatori di pecore, per poi lasciarlo morire tra atroci sofferenze.

Si narra che il suo stesso sangue fosse miracoloso. Alla fine Agricolao sconfitto da quell’estrema dimostrazione di fede, lo fece decapitare.

Da allora nell’iconografia cristiana San Biagio è sempre rappresentato con un pettine in mano, quasi a voler offrire per sempre la sua vita in martirio. Nell’Ottavo Secolo alcuni armeni portarono le reliquie a Maratea (Potenza) di cui è patrono e dove è sorta una basilica (Monte San Biagio).

Il suo nome è frequente nella toponomastica italiana (in provincia di Latina, Imperia, Treviso, Agrigento, Frosinone e Chieti) e di molte nazioni, a conferma della diffusione del culto.

Avendo guarito miracolosamente un bimbo cui si era conficcata una lisca in gola, è invocato come protettore per i mali di quella parte del corpo. A quell’atto risale il rito della Benedizione della gola compiuto da San Biagio con due candele incrociate.

Ancora oggi, nella santa messa del 3 febbraio, la possiamo ottenere dal sacerdote che la mattina ha già officiato la benedizione dei pani da consumare subito nella giornata.

Dalle tradizioni profane di paese (ne ricordiamo soltanto alcune) viene anche riscoperta della Festa dei funai, un’antica usanza in onore di tutti coloro che hanno svolto questa professione tipica della comunità e dello stesso aspetto urbano dei nostri paesi.

Famosi furono i funai aprutini, una memoria da promuovere con specifiche iniziative culturali, coinvolgendo gli alunni della scuola primaria, con recite, letture di poesia, incontri e riflessioni sulla figura del Santo.

A San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, in collaborazione con il Circolo dei Sambenedettesi, si ricorda l’antico mestiere dei funai che ha caratterizzato la vita lavorativa delle nostre città nei decenni passati.

Vengono premiati ogni anno i “maestri” che si sono segnalati come “funai” all’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Comune. L’evento prevede la ricostruzione del sentiero del funaio nello spazio antistante al Comune con relativa prova di filatura per gli alunni. Nel pomeriggio, una santa messa viene celebrata in onore dei funai e delle retare, nella cattedrale della Madonna della Marina.

L’impegno per riscoprire e valorizzare le radici culturali delle nostre città, è un dovere civico e morale nei confronti delle nuove generazioni: la festa dei funai non deve cadere nell’oblio, è giusto recuperarla, vista la viva memoria di questo lavoro duro e faticoso che molti hanno praticato in Italia e in Europa.

Una festa rivolta soprattutto a chi ha lavorato per lo sviluppo e il benessere delle nostre città. Quindi il messaggio deve essere rivolto in primis alle scuole, per trasmettere agli studenti la memoria delle radici del nostro territorio.

La Cultura Materiale, espressione delle nostre tipicità territoriali, è importante proprio per valorizzare lo straordinario patrimonio umano che non può e non deve andare disperso. Famosa sull’isola di Sardegna è la devozione al Santo. Mentre a Ostuni, sul continente, si festeggia il santo patrono seguendo la tradizione.

Questa vuole che i fedeli e i devoti di San Biagio si rechino in processione al santuario rupestre ricco di richiami storici, per rivivere tradizioni popolari e riscoprire luoghi caratterizzati da bellezze di alto valore naturalistico. I devoti fin dalle prime ore del giorno raggiungono l’anfratto collinare.

Davanti al fuoco, i fedeli attendono le prime luci dell’alba per la prima funzione religiosa trascorrendo presso il Santuario l’intera giornata di preghiera.

Ancora una volta si perpetua la secolare accensione del falò all’alba nel piccolo spiazzo antistante alla chiesetta rupestre che contiene le grotte affrescate, sede un tempo dei monaci basiliani. La tradizione attende anche Pietrasanta per la fiera del santo che attira nel centro città migliaia di persone.

In Duomo per tutta la giornata viene esposta l’effige di San Biagio per il rituale “bacio” alla reliquia. Nella chiesa di Sant’Antonio si trova l’immagine del Santo, una preziosa statua lignea attribuita a Jacopo della Quercia.

A Cancellara la festa patronale è particolarmente legata all’evento religioso e gastronomico. A volte la manifestazione ricorre nel periodo centrale del Carnevale, il momento più propizio per gustare le famose leccornie preparate per la “Sagra della Salsiccia” nell’incantevole borgo.

A Prova la 143ma fiera di San Biagio dà inizio a una festa che dura l’intera settimana, arricchita dai premi della lotteria e della pesca di beneficenza, insieme alle tradizionali attrattive. Da segnalare la serata della paella, la corrida, gli intrattenimenti per i piccoli, la musica dal vivo e la sfilata carnevalesca finale con il “Sindaco della Gramegna”, la maschera tradizionale di Prova.

Come ogni anno i festeggiamenti promossi dal Comitato Feste della Parrocchia “S. Nicola Magno”, vengono celebrati a Salve il 3 febbraio nella cappella rurale di Santu Lasi.

In masseria, intorno alle ore 12 ha luogo la benedizione e la distribuzione dei pani del Santo, provenienti da Ruvo e da Sant’Agata di Puglia, centri nei quali San Biagio è patrono.

Ai visitatori viene distribuito un opuscolo sull’iconografia del Santo, raffigurato da grandi pittori (Michelangelo e Tiepolo, Nando di Cione, Bartolomeo Montagna e Giulio Romano), a volte come santo vescovo, a volte come santo guaritore e intercessore, a volte nel momento del martirio con pettini di ferro.

Motivo per il quale è protettore anche dei cardatori di lana. A Monte San Pietrangeli, la festa di San Biagio dura fino al 7 febbraio con la tradizionale fiera. Famosi sono gli Archi di Pasqua di San Biagio Platani.

Le due confraternite, Madunnara e Signurara, rinnovano ogni anno la tradizione: artigiani, massaie, architetti, divisi in due squadre, si impegnano nell’allestimento di composizioni di canne e ferle che fanno da incastellatura agli addobbi di agrumi, alloro e soprattutto pane nelle più svariate forme e dimensioni. I lavori procederanno fino alla notte prima di Pasqua.

Nei giorni che precedono la Settimana Santa è possibile visitare i magazzini dove vengono realizzate le strutture.

L’edizione 2010 è stata la prima in cui si sono radunati insieme gli appartenenti alle diverse comunità sanbiagesi sparse nel mondo che cominciano ad organizzarsi attraverso i vari gruppi sociali fondati su Internet. In particolare si attendono gli emigrati dalla Germania, dagli Stati Uniti e dal Belgio.

Sono previste escursioni con degustazioni di pietanze tipiche della zona. Gli organizzatori assicurano che, chi non potrà raggiungere fisicamente il paese, potrà visitare i due rami del Corso attraverso un virtual tour in 3D accessibile dal sito della Pro Loco.

Nel territorio di San Martino in Pensilis, vicino Termoli, il culto di san Biagio nacque proprio su un importante incrocio di tratturi della transumanza, dove vi era costruita una piccola chiesa a lui dedicata.

La fiera cadeva proprio in quei luoghi “tratturali” che diventavano spesso centri nevralgici di scambio di merci e animali.

Se il giorno della Candelora è animato dalla fiera di paese in cui molti comprano il maiale da allevare, si portano a casa le candele pronte per essere accese in caso di black-out quando ci sono i temporali e viene a mancare la corrente (succede spesso anche oggi e magari le accendiamo, senza accorgercene, anche solo per cercare il cellulare, l’iPod e l’iPhone) anche la festa di San Biagio che si colloca fra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, è carica di significati e valenze socio-culturali molto interessanti.

A cominciare dai simboli delle nostre terre antiche: la pietra, la quercia, l’acqua, la grotta, il cavallo, il cavaliere, la pecora, il pettine, la transumanza e il pane che, a diverso titolo, rinnovano nei secoli i cicli della vita e delle stagioni.

Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX Secolo quei pellegrinaggi “tratturali” diventano meno frequenti o scompaiono del tutto, forse a causa dell’imperversare di bande di briganti che rendevano questi luoghi di culto pericolosi, forse a causa della grande deforestazione per far largo a terreni coltivabili a grano e frumento.

Fatto sta che la fase rivoluzionaria laicista che stava sconvolgendo tutta l’Europa, avrebbe ben presto cancellato la tradizionale devozione al Santo in molti paesi. Grazie a Dio, c’è una ripresa del culto di San Biagio agli inizi del XXI Secolo.

La processione dei cavalli che avviene ogni anno proprio il 3 febbraio in molti paesi dove la devozione al Santo è ancora molto forte, è certamente da riscoprire e valorizzare nei nostri territori.

A San Martino in Pensilis “i cavalli e i cavalieri – ci ricordano gli Amici del Molise – al mattino presto vengono radunati da un tamburino e quando tutti si riuniscono, vanno verso la pietra e la quercia sante, dove fanno tre giri per poi ripartire”.

Nel frattempo alcuni cittadini devoti distribuiscono le pagnotte benedette per alleviare il freddo e la fatica del pellegrinaggio.

Infine si riparte e si arriva in paese recitando il Santo Rosario.  “Il tamburino battente e le giaculatorie, insieme al rumore sordo degli zoccoli di centinaia di cavalli, rendono la processione profonda e coinvolgente per tutti.

Vengono infine fatti altri tre giri intorno alla Chiesa Madre e poi, tutti coloro che partecipano baciano la croce di Cristo”.

La festa, una specie di prologo in preparazione della festa di San Leo, è la prima occasione per far sgambare i cavalli dopo i rigori del freddo rigido dell’inverno.

“Sono finiti i giorni della merla. Questi cavalli, insieme ai buoi, dovranno sempre più dare il meglio di se stessi per essere pronti il 30 aprile.

È l’inizio di una prima fase, più fredda, di circa quaranta giorni, che porta agli altari dedicati a San Giuseppe e, poi, in una seconda fase più primaverile, di altri quaranta giorni circa, che porta d’un fiato fino all’emozione della Carrese”.

Così Biagio diventò il Santo con il pettine e il protettore dei cardatori.

Vedi anche:  San Biagio in Abruzzo

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