Cappadocia, la terra dei cavalli
Un territorio fiabesco dell'Anatolia tra vulcani e pinnacoli di roccia
di Carla Diamanti*
Scaturita dal ventre della terra, sagomata dalla lava incandescente, da tonnellate di ceneri solidificate, dal vento, dall'acqua, dagli anni. Milioni di anni.
E' questa l'età della Cappadocia, che poi corrisponde all'età della geografia. Poco più di un'ora di volo da Istanbul, capitale europea della cultura per il 2010, il panorama cambia completamente.
Protagonista dello spettacolo del "paese dei cavalli di razza" (questo, in persiano, significa Katpatuka, da cui deriva il nome della regione) è la natura che si sostituisce all'opera dell'uomo che invece ha forgiato le bellezze di Istanbul.
L'uomo alla Cappadocia si è adattato, osservando la roccia tufacea a strati, nata dalla sedimentazione delle ceneri e poi trasformata dal vento e dall'acqua in forme irreali di pinnacoli e coni, di funghi e anfratti. E l'uomo di questi anfratti si è impossessato, abitando le cavità, trasformandole in case e in santuari, dando vita a città sotterranee, cappelle e chiese affrescate con scene della storia religiosa dei cristiani.
Kayseri, antica Cesarea romana dove sorse la prima scuola dell'Anatolia e in cui lo spessore culturale si misurava con il numero di medrese che continuava a crescere, è uno dei punti di partenza per esplorare un triangolo di Turchia dalle forme bizzarre di cui Kayseri, appunto, rappresenta uno dei vertici insieme a Nev?ehir e Ni?de.
Le tre cittadine racchiudono un territorio suggestivo e fiabesco, con guglie che si alternano a gole, crepacci a creste e dove, celate fra i dirupi, si trovano migliaia di cappelle dipinte, scoperte per caso da un prete francese, Guillaume de Jerphanion, che agli inizio degli anni Trenta si trovò a esplorare questa regione.
Da Kayseri ci addentriamo anche noi sulla terra figlia dei tre vulcani, uno dei quali si trova proprio alle porte della città, conosciuta per aver dato le origini a una specialità gastronomica che dalla Turchia venne esportata in Ungheria e Romania, dove fu ribattezzata "pastrami".
La prelibatezza salata sembra aver lasciato il posto ai morbidi loukum spolverati di zucchero al velo e ai dolcetti di pasta sfoglia ripieni di pistacchi e intrisi di miele che richiamano i passanti dalle vetrine delle pasticcerie del centro.
Poco fuori città inizia la strada che conduce a Nev?ehir lungo la quale si stagliano i camini delle fate", pinnacoli a forma di cono sormontati da massi, un po' cappelli un po' comignoli, che la leggenda popolare vuole che siano stati messi sui coni di pietra da divinità celesti. In realtà sono la fotografia della varietà della natura e soprattutto della roccia, la cui diversa consistenza si è piegata o ha resistito all'azione degli agenti atmosferici.
Attorno alla vivace Ürgüp, colorata dei kilim prodotti dai suoi artigiani e decorata dalle finestre finemente scolpite, si concentrano i "camini" più belli. Mentre ascoltiamo i ricordi sull'originale biblioteca itinerante che in passato partiva dalla città a dorso d'asino per portare i libri verso i villaggi più lontani, ci prepariamo ad entrare nella straordinaria valle di Göreme.
Oltre quattro millenni di insediamenti umani, una miriade di monasteri, cappelle e chiese rupestri i cui affreschi raccontano storie bibliche, aneddoti locali o riproducono particolari che sono serviti a dare loro un nome per poterle distinguere.
Non stupisce l'abbondanza di immagini cristiane: l'intera area archeologica, protetta dall'Unesco, fu un importante centro monastico formato da tante piccole comunità religiose insediate sulle alture.
Bisogna spostarsi di una trentina di chilometri per trovare un altro tipo di insediamenti, quelli delle città sotterranee.
L'antico abitato nei dintorni di Derinkuyu si spinge nel ventre della terra con venti livelli abitativi, sovrapposti secondo un preciso ordine. Si incontrano per primi gli spazi comuni, con i magazzini per stipare il cibo, le cisterne per raccogliere l'acqua, gli spazi adibiti al culto, poi - attraverso un impressionante sistema di scale - si scende nelle viscere della terra, nelle stanze sotterranee abitate dai cristiani perseguitati o dalla gente del posto che qui si rifugiava dagli attacchi dei predoni, attratti dalle ricchezze del luogo dovute alla posizione lungo le rotte commerciali e la Via della Seta.
I visitatori più coraggiosi possono esplorare soltanto otto dei venti livelli sotterranei. Ed è già una bella prova, visto che i corridoi angusti e la luce ridotta mettono alla prova anche chi non soffra di claustrofobia. Silenzio e oscurità regnano anche nei cunicoli e nelle gallerie sotterranee di Kaymakli, più piccola ma altrettanto suggestiva. Sconsigliata però a chi soffra il buio, l'ansia e gli spazi ristretti: loro potranno concedersi lo spettacolare paesaggio della Cappadocia volando a bordo di una mongolfiera.
Informazioni utili:
Per notizie aggiornate e itinerari in Cappadocia si può consultare www.turchia.it, sito dell'ufficio turistico turco. Voli Turkish Airlines (www.turkishairlines.com) da Roma, Milano, Venezia e Bologna per Istanbul, da cui si può proseguire con voli interni per Kayseri. Numerose le offerte di soggiorni o di solo volo per Istanbul, che quest'anno è Capitale Europea della Cultura: il Touring Club Italiano propone un circuito con tappe a Istanbul, Ankara e Cappadocia a partire da 1000 euro con minimo 6 partecipanti. Informazioni: www.viaggidelclub.it, tel. 840888802.
*www.lastampa.it