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Pescocostanzo è un comune della Provincia dell'Aquila, in Abruzzo.

Il patrono, San Felice, si festeggia il 18 maggio e il 7 e l’8 agosto.

Frazione: Sant'Antonio Bosco.

Confina con i comuni di  Ateleta, Cansano, Palena (CH), Pettorano sul Gizio, Rivisondoli, Rocca Pia, Roccaraso.

E’ annoverato fra I Borghi più belli d'Italia.

Fa parte del Parco Nazionale della Majella.

Il suo territorio è attraversato dalla cosiddetta ferrovia "La transiberiana italiana"

Pescocostanzo è situato nella regione degli Altipiani Maggiori d'Abruzzo, un territorio dominato prevalentemente da pascoli, alle pendici del Monte Calvario, domina la conca dell'altopiano del Quarto Grande.

La fondazione di Pescocostanzo viene fatta risalire al X secolo.

Fin dai primi secoli si dimostrò prevalente sui centri circostanti, con mostrando però rapporti movimentati nei confronti di feudatari ed istituzioni religiose.

Il terremoto del 1456 che devastò l'Abruzzo offrì le condizioni al borgo per cambiare l'assetto urbanistico, con l'afflusso di una massiccia colonia di maestranze lombarde; questo singolare evento lasciò la sua impronta nel tessuto sociale e culturale del paese.

Con il dominio di Ferdinando I d'Aragona fin dal 1464 Pescocostanzo ebbe uno statuto che garantì per l'appartenenza al regio demanio per qualche tempo, godendo delle relative libertà. Successivamente il controllo della cittadina fu affidato a feudatari.

E’ una delle più apprezzate stazioni di soggiorno estivo ed invernale del centro-meridione, oltre che per il patrimonio d'arte, per la ricettività, la possibilità di praticare gli sport invernali nelle attrezzate vicine piste innevate, lo spettacolare Bosco di Sant’Antonio, Riserva Naturale Guidata, vero monumento costruito dalla natura, col suo ricco patrimonio di alberi secolari.

Il tessuto urbano è rimasto pressoché immutato: con le tipiche antiche case pescolane dalla scala esterna e separate l'una dall'altra da muri frangivento, i palazzetti cinque-seicenteschi dalle severe linee e gli altri settecente­schi talvolta ornati di capricciosi portali e finestre in pietra, le emergenze monumentali costituite dai complessi conventuali e dalle chiese.

Forse il più importante monumento è l'ex monastero di Santa Scolastica, edificato su disegno di Cosirno Fanzago (1624), con la facciata ornata di sei grandi nicchie dalle ricche incornicia­ture in pietra, al posto delle finestre, perché si trattava di edificio claustrale, e di fantasiose mensole di legno scolpito, poste a soste­nere lo sporto del tetto; su disegno del Fanzago è anche il grandio­so altare maggiore marmoreo della chiesa di Gesù e Maria.

Splen­dida per il suo arredo rinascimentale e barocco è la collegiata di Santa Maria del Colle, edificio di origini trecentesche, ma interessato da interventi radicali nei secoli XV e XVI, con bei portali lapidei, vero museo dell'antico artigianato artistico pescolano, per il fonte batte­simale e i sontuosi altari marmorei scolpiti e intarsiati, gli arredi li­gnei tra i quali emergono i ricchi soffitti a cassettoni, i cancelli in ferro battuto, straordinario, per il virtuosismo degli artefici Sante e Ilario di Rocco, quello barocco del cappellone del Sacramento.

Ma il tempio conserva anche altre opere d'arte, come l'importante sta­tua lignea medievale della Madonna del Colle, gli stucchi barocchi di Giambattista Gianni e Francesco Ferradini, la pala d'altare di Tanzio da Varallo (1617) raffigurante la Madonna di Costantinopoli e Santi, gli antichi argenti.

Ancora fiorenti nel centro sono alcu­ne espressioni artigiane di antica tradizione, quali l'oreficeria, la lavorazione del ferro, quella del legno, il merletto a tombolo.

È stato ipotizzato che un insedia­mento di età romana, da porre in relazione con le tombe risalenti al n o al m secolo d.C. scoperte circa un secolo fa nei pressi del paese, esistesse sul colle Pizzo di Coda, tra il Quarto di Santa Chiara e il Quar­to Grande.

La formazione del primo nucleo di Pescocostanzo deve essere avvenuta verso il Mille quando, con la rinascita delle atti­vità agricole dovuta alla coloniz­zazione dei monaci benedettini, ebbero origine sull'altopiano anche gli altri insediamenti.

Del paese si ha menzione dalla seconda metà dell'XI secolo, col toponimo Pescu Constantii, dal tardo latino peseulum, masso, rocca, come quella dove per ragioni difensive si sta­bilirono i primi abitanti.

Con la ricostruzione dopo il violento ter­remoto del 1456 ci fu l'espansio­ne nella zona intorno, pianeg­giante.

Dei suoi feudatari ricor­diamo, nella prima metà del Cin­quecento, Vittoria Colonna d'Avalos, alla quale si deve la premu­ra per l'istituzione nella cittadina di una commissione edilizia ante litteram.

Pescocostanzo ebbe il suo periodo aureo dal Cinquecen­to al Settecento, quando l'econo­mia armentizia portò grande flo­ridezza favorendo inoltre il fiorire dell'artigianato artistico, come te­stimoniano tuttora i suoi edifici e le opere d'arte in essi custodite.

La formazione nel tempo di una classe sociale economicamente solida e culturalmente elevata portò ad uno stato di benessere e di un'efficiente amministrazione.

La svolta per la cittadina si ebbe nel 1774, quando assumendo il titolo di Universitas Sui Domina (Comunità padrona di sè), motto che fregia tuttora lo stemma comunale, si riscattò dal dominio feudale.

Trovarono accoglienza nella società gli studi giuridici, filosofici, storici, matematici, letterari ed un notevole culto dell'arte.

A testimoniare la cultura locale vi sono i patrimoni librari custoditi presso molte famiglie e i numerosi eletti ingegni fioriti a Pescocostanzo.

Il primo e più autorevole interprete in Italia della filosofia kantiana fu infatti un cittadino pescolano, il filosofo e matematico Ottavio Colecchi.

La presenza di un consistente numero di opere d'arte nel piccolo borgo aquilano trova spiegazione in due fattori: le notevoli risorse economiche di istituzioni pubbliche e dirigenti e la disponibilità di maestranze in grado di realizzare opere in pietra, marmo, ferro battuto e legno, tradizioni artigianali tramandate dopo l'immigrazione dei mastri lombardi tra il XV e il XVII secolo.

Luoghi d'interesse

Basilica di Santa Maria del Colle: Il primo tempio, risalente al XI secolo e dipendente dall'abbazia di Montecassino, sorgeva fuori dal centro cittadino, arroccato sul Peschio, la cui chiesa parrocchiale sottostava invece al vescovo di Sulmona.

Nel 1456 la chiesa fu distrutta da un terremoto ma venne ricostruita già nel 1466, nel nuovo e più esteso centro abitato, diventando sede parrocchiale e legando così l'intero borgo alla diocesi di Cassino.

Nel 1556-58 l'edificio fu portato a cinque navate di quattro campate, come si presenta oggi, rispetto alle tre navi e tre campate della struttura quattrocentesca e fu realizzata una nuova facciata rinascimentale, affacciata ad un'ampia terrazza.

L'antico portale romanico-gotico fu trasferito nel 1580 sull'ingresso del fianco settentrionale, sulla sommità di una rampa di scale. Negli anni 1691-94 fu realizzato il Cappellone del Sacramento.

Il campanile, risalente alla fine del cinquecento, fu restaurato nel 1635 e nel 1855, quando venne sostituita la cuspide ottagonale con una quadrangolare. Già denominata col titolo di Collegiata, nel 1978 Santa Maria del Colle fu elevata a Basilica.

L'interno presenta un'architettura in pietra, ravvivata policromia degli arredi, con i legni scolpiti, dipinti e dorati delle statue (tra cui la duecentesca Madonna del Colle), del pulpito, di diversi altari, della cantoria (opera del romano-sulmonese Bartolomeo Balcone risalente al 1619) e dei cinque soffitti a cassettoni, realizzati prevalentemente da Carlo Sabatini di Anversa degli Abruzzi tra il 1670 e il 1682, completati nel 1742.

In marmo sono invece i paliotti e il fonte battesimale, dei pescolani Panfilo Rainaldi e Filippo Mannella.

Numerose sono le tele custodite nella basilica, attribuite a Tanzio da Varallo, Paolo Cardone e Francesco Peresi.

La volta del Cappellone è decorata da un affresco del napoletano Giambattista Gamba. Una tavola cinquecentesca raffigurante la Madonna e Santi di Palma il Vecchio è stata invece trafugata durante l'occupazione tedesca del 1943-44.

Il maestoso cancello in ferro battuto, del pescolano Sante di Rocco, iniziato nel 1699-1705 e ultimato nel 1707 dal nipote Ilario, riporta figure ferine, umane e angeliche.

Sull'architrave della bottega dell'artigiano, situata ai piedi della scalea, è recato il motto ETENIM NON POTUERUNT MIHI (eppure non poterono vincermi).

Di Cosimo Fanzago sono invece le aquile in bronzo delle acquasantiere. Il coro, il Cappellone e l'altare di Sant'Elisabetta sono ornati da stucchi dei lombardi Gianni e Ferradini.

•          Le cerimonie di battesimo sono celebrate secondo il rito ambrosiano, importato dagli artigiani lombardi immigrati a Pescocostanzo nel XV e nel XVII secolo.

Chiesa di Santa Maria delle Grazie: È sita nel piazzale detto Colle di Santa Maria, dove inizia la più antica via di entrata e uscita dal paese, proveniente da Sulmona e passante per l'importante località agricolo-boschiva di Primo Campo.

La sua edificazione è precedente il 1508. Sotto il rosone, che ha perduto la raggiera, viene recata la data del 1524.

Possedeva sulla facciata una raffigurazione pittorica di San Cristoforo, datata 1621 ma scomparsa nel tempo, in quanto alla chiesa volgevano il pensiero i viandanti.

Ancora oggi vi è conservata una lapide con versi che richiamano la funzione di protezione a chi viaggia:« Qui con dimessa fronte / o passeggier t'arresta. ... »Il prospetto principale,

la facciata, presenta un'intonacatura bianca fino allo zoccolo basamentale grigio. La terminazione è orizzontale, conclusa con una piccola cornice con dentelli sulla sommità. Elemento principale della facciata è il portale, separato dalla superficie stradale da una scalinata semicircolare e affiancato da due basse finestre ai lati; è sovrastato da un oculo.

Tra il portale e l'oculo vi è una targhetta ove è incisa la data di fondazione della chiesa.

Uno stemma a testa di cavallo con le iniziali A.M. (Ave Maria) è situato sullo spigolo sinistro della facciata.

All'interno della chiesa, a navata unica, si trova un altare ligneo risalente al 1596, che racchiude una tela raffigurante la Vergine del Suffragio, San Michele Arcangelo che pesa le anime e San Francesco d'Assisi, opera di Antonio Massaretti da Lecce nei Marsi, risalente al 1595.

È circondata da sei quadretti di legno che rappresentano i santi Gregorio Magno, Agostino, Lorenzo, Ambrogio, Girolamo e Benedetto.

Sovrastante l'ingresso dell'aula vi è una tipica balconata in legno, sorretta da colonne poggianti su alti basamenti.

Chiesa di Sant'Antonio Abate: di origine duecentesca, possiede una torre campanaria angolare con campanile a vela, ristrutturato dopo i danni provocati dagli eventi bellici del 1943-44.

Come ricordato da un'iscrizione che sovrasta il portale, la chiesa appartenne fino al 1777 all'Ordine degli Antoniani. All'interno, sull'altare, vi è una tela seicentesca con effigie di Sant'Antonio Abate e scene della sua vita.

Al santo viene dedicata una festa che ha luogo il 17 gennaio.

Strutture civili: Palazzo Fanzago Palazzo Municipale Palazzo Grilli

Personalità legate a Pescocostanzo

Diomede Falconio

Davide Coccopalmeri

Ottavio Colecchi

•   Ferdinando Mosca

Nunzio Federigo Faraglia

•   Francesco Sabatini, (Pescocostanzo, 19 dicembre 1931), linguista, filologo e lessicografo

•   Benedetto Vulpes, (Pescocostanzo, 1783 - Napoli, 1855), medico

Raffaele Zappa

•   Tarquinio Vulpes, (Pescocostanzo, 1766 - Napoli, 1836), poeta

Feste e fiere

17 gennaio, Festa di Sant’Antonio Abate (con accensio­ne di fuochi propiziatori);

31 maggio, Festa della Madonna del Colle;

7-8 agosto, Festa di San Felice;

estate, manifestazioni varie.

tutti pazzi per la Civita

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