Conocchie, carri e donativi
Ricorrenza il 26 e il 27 settembre
In Abruzzo la devozione ai Santi Medici ha molte cappelle ed altari, i più conosciuti dei quali sono ai santuari di Altino, Roccascalegna, Lentella.
In ognuno di essi, oltre ad una generica taumaturgia che comprende i mali fisici e spirituali compreso un patronato antidemoniaco, si esercita una specifica protezione.
Ad Altino si recano i malati di artrosi e delle affezioni della pelle, a Lentella si va per guarire dalle febbri reumatiche, dalle broncopolmoniti, dalle malattie infantili della crescita, a Roccascalegna per invocare parti facili e favorevoli.
Varie sono le pratiche magico religiose che vi si attuano: dalla ormai quasi del tutto scomparsa incubatio nel recinto sacro costituito dalle mura perimetrali della chiesa e, nei casi più gravi, dalla cappella dedicata ai Santi, alla svestizione dei malati all'interno del santuario e successiva vestizione degli stessi con abiti devozionali che ne segnino la consacrazione e l'appartenenza ai santi, fino a quella più comune che consiste nel toccare con un fazzoletto e/o semplicemente con il palmo della mano le statue e le reliquie e poi strofinare le parti malate.
Un rituale che trova qualche resistenza applicativa da parte dei religiosi addetti al culto è quello della raccolta della terra calpestata dai preti all'interno del santuario o durante la processione.
La terra e, nei casi più fortunati, l'orma impressa dal piede, viene conservata ed applicata sul corpo del malati, specialmente sul ventre dei bambini.
Qualche anziana contadina riferisce che un tempo, per impetrare la fertilità femminile, era necessario ridurre la pelle essiccata di un serpente in polvere da sciogliere in una pozione liquida che doveva essere bevuta per trentatré giorni invocando l'aiuto dei Santi Medici.
In tutti e tre i santuari resta, più o meno disgregato e ridotto a forme folcloristiche, l'uso dei Donativi.
Si tratta di conche, dette conocchie, addobbate di fiori e di nastri e ricolme di grano, dolci, uova, oppure di carri, sempre più spesso sostituiti da trattori, che dalle contrade portano, fino davanti ai santuari, con cortei e processioni a cui partecipa tutto il popolo, i prodotti della campagna.
I doni depositati nel santuario vengono in seguito venduti all'asta, per sostenere il mantenimento della chiesa e le spese della festa.
Si tratta di processioni e sfilate che, quando anche abbiano perso l'originario valore, costituiscono momenti molto pittoreschi della religiosità popolare e in grado di suscitare l'attenzione, se non degli studiosi, almeno dei turisti.
Riguardo al significato della pratica si possono fare due ipotesi; la prima è che si tratta di Donativi esibiti annualmente in un rituale collettivo inteso a ringraziare i Santi per il buon raccolto dei campi, la seconda che essa sia la sopravvivenza di un più complesso rituale simbolico dello scambio dei corpi con un corrispettivo materiale.
Ossia il gruppo o il singolo, non potendo votare fisicamente la propria persona in un servizio che implicherebbe un obbligo di residenza e di totale appartenenza al Santuario, lascia in esso il corrispettivo materiale della propria fisicità.
II culto dei Santi Cosma e Damiano doveva essere già notevolmente diffuso nel VI secolo, quando Amalasunta regina dei Goti promosse la costruzione della basilica romana dedicata ai due fratelli taumaturghi, forse per creare in Occidente un luogo che potesse stare alla pari del tempio dedicato loro a Costantinopoli, dove accorrevano migliaia di malati per praticare il rituale della c. d. incubazione, ovvero del sonno salvifico durante il quale la divinità si manifestava agli uomini.
Le narrazioni agiografiche più antiche, raccolte e compendiate nella Leggenda aurea di Jacopo da Varazze, raccontano che i due gemelli erano originar! della Cilicia dove esercitavano l'arte medica, insieme ad altri tre fratelli Leonzio, Eupreprio e Antimo.
Dopo aver operato diversi miracoli ed essere stati definiti anagiri, perché offrivano le loro prestazioni professionali gratuitamente e per amore di Dio, subirono il martirio sotto Diocleziano.
Le storie che riguardano Cosma e Damiano, i cui nomi in greco significano rispettivamente Ordinato a regola d'arte e Domato dalla ragione, ripetono i motivi mitici e religiosi della e. d. medicina del Tempio di Asclepio che, oltre che ad Epidauro, aveva un centro importante proprio ad Agea di Cilicia, paese natale dei Santi Martiri, ed i cui rappresentanti più conosciuti erano i Dioscuri.
Anche questi guarivano i loro devoti in sogno e senza ricompensa, come del resto prescriveva Asclepio, attribuendo le loro capacità taumaturgiche all'intervento divino; nei loro templi si praticava l'incubatio ed era consuetudine deporre nella stipe votiva le raffigurazioni delle parti anatomiche malate o l'offerta rituale di un gallo nero, del quale, nelle cerimonie paraliturgiche di guarigione magico-religiosa, resta a volte solo la presenza di una penna delle remiganti con cui si compiono le unzioni terapeutiche.
Si deve supporre, quindi, che nella maggior parte dei casi, i Santi Medici abbiano sostituito, solo a livello formale precedenti culti di struttura arcaica e di matrice indoeuropea, acquisendo, nell'ambito delle guarigioni miracolose, specifiche connotazioni e precisi patronati di luogo in luogo.
Fonte Edizioni Menabò – d’Abruzzo