Cocullo e la Festa dei serpari
Ricorrenza: ogni anno il primo di maggio
Ogni anno, il primo maggio, Cocullo diventa un centro di attrazione internazionale.
Migliaia di turisti vi accorrono per assistere a quella che ormai tutti considerano la più singolare delle feste popolari.
L'elemento che cattura l'attenzione e la curiosità generale è, come è noto, la presenza dei serpenti.
Dalle prime ore del mattino cominciano a confluire sulla piazza del paese giovani e ragazzi che reggono in mano grossi rettili e li mostrano all'ammirazione dei turisti.
Ma l'avvenimento centrale della giornata è l'uscita della processione e la cosiddetta vestizione del Santo, sulla cui statua vengono posti i serpenti che, strisciando, vanno a rannicchiarsi intorno al capo del simulacro.
È un momento emozionante per tutti, atteso,inseguito da fotografi e cineoperatori, che creano uno spettacolo nello spettacolo, la qual cosa ormai, costituisce, in un certo senso, l'aspetto più interessante dell'evento.Il vero significato della festa, infatti, va colto al di là del dato spettacolare, al quale spesso si ferma il turista.
Da una angolazione meno scontata la festa di San Domenico a Cocullo ha ancora qualcosa da dire con le ormai sparute compagnie di pellegrini che immancabilmente giungono ogni anno dai paesi vicini, dal Molise, dall'Alto Lazio, da Atina, con gli zampognari in testa e ai quali spetta l'onore di aprire il corteo processionale.
Lo spirito della festa è ancora negli atteggiamenti di quei devoti che non mancano, ormai quasi furtivamente, consapevoli della irrazionalità del loro gesto, di raccogliere la raschiatura del pavimento del Santuario, per conservarla come un potente amuleto contro i bruchi e gli insetti nocivi per l'agricoltura, o di suonare la campanella posta vicino l'altare del Santo, afferrando la cordicella con i denti, per proteggersi dalle odontalgie.
Il valore della festa sta nella reliquia del Sacro Dente che file di devoti si accingono a baciare e che per secoli ha costituito un punto fermo della devozione popolare; sta nel ferro della mula a cui l'immaginario collettivo attribuisce virtù tauma-turgiche per uomini e animali, legati in un comune destino di incertezze e disagio.
La vera Cocullo è nei canti antichi di qualche solitario penitente come il vecchio Giambattista Coccia di Villavallelonga, disposto ad attraversare tutta la Marsica per intonare davanti al Santo i suoi inni di lode, segno di un dato culturale profondo, anche nel ricordo che gli riporta in mente il tempo in cui " le voci e le preghiere dei pellegrini facevano risuonare tutte le montagne e le vallate".
Cocullo sta nelle meravigliose storie di gente umile e sconosciuta che ogni anno rinnova il miracolo della fede e della speranza in questo Santo semplice e montanaro come loro, che, come loro, conosceva le difficoltà, le incertezze, i pericoli della vita, ma sapeva ammansire i lupi, vincere il morso dei serpenti, rassicurare una umanità dolente e sottomessa.
Fonte Edizioni Menabò – d’Abruzzo