La Farchia: Il fuoco nell’anima
Si celebra il 24 dicembre
di Achille Pellicciotta
Rigorosamente al singolare, poiché una prima donna non può che essere UNA, la Farchia, a Tufillo (grazioso borgo di 500 ab. che si affaccia sulla sponda abruzzese del fiume Trigno, a 550 mt di altitudine, con alle spalle il monte Farano), è la Regina indiscussa della notte/vigilia di Natale.
Come tale, però, non può sfuggire al destino riservato ai Re, ai primi Re, quelli, cioè, della notte dei tempi che venivano sacrificati per propiziare la continuità del loro popolo.
Strano destino, certo, per una Regina, ma il fascino che da lei si sprigiona è praticamente inesauribile ed ogni anno, puntuale, irrompe sulla scena, più vigoroso che mai, rendendo vano ogni tentativo di resistergli da parte di giovani e vecchi, maschi e femmine tufillesi...
Nessuno può sottrarsi al richiamo della “Regina”, richiamo che inizia sin dalla, diciamo così, vestizione.
Come ogni Regina che si rispetti, infatti, la Farchia deve essere accuratamente, anzi amorevolmente, preparata per “ben comparire”.
Tanto per cominciare ci vuole un bel tronco, di quelli robusti, con una triforcazione che permetta di alzarla verticalmente.
All’altra estremità vengono inserite, ad incastro, tre grosse pertiche (pacche) che servono, con l’ausilio di anelli di ferro, da sostegno all’insieme non di canne, come succede per altre “farchie”, ma di altri tronchi di legno.
Terminata la fase della “vestizione”, che si svolge, durante il pomeriggio del 24 Dicembre, davanti alla Chiesa di S. Vito, la Farchia viene “trainata”, da tutte le persone “abili” all’uopo, attraverso il centro storico, ovvero, come viene chiamato il C.so Italia, “la via della terra”.
Il corteo, con fisarmonicista in testa, viene salutato, al suo passaggio, da chi non partecipa al trasporto. Si ferma dovunque sia stato allestito un punto di ... ristoro a base di dolci, vino, ed altro ben di Dio (e giù musica, canti e... libagioni) e, finalmente, intorno alla mezzanotte, arriva davanti alla chiesa di Santa Giusta, il cui portale, opera di “Mastro Luca da Tufillo” è classificato tra i più belli d’Italia.
Qui, dopo che il Parroco ha dato la benedizione, viene appiccato il fuoco e la Farchia, bruciando, riscalda tutti quelli che, assistendo al suo “sacrificio”, intonano canti natalizi..
Naturalmente, come ogni tradizione che si prolunga nel tempo, la Farchia ha tanti fatti da raccontare, che vanno dal tragico (come la morte di un partecipante, motivo per cui il rogo viene consumato con la Farchia adagiata orizzontalmente e non più verticalmente), alla ... ilarità.
E, a proposito di ilarità, sentite questa.
La Farchia, come già detto, per i tufillesi è importantissima: deve, perciò, essere assolutamente realizzata ogni anno.
Una volta, però, non riuscendo a trovare, nel loro bosco, il tronco adatto, lo cercarono e lo trovarono in quello di un paese vicino, che è meglio non nominare per non rinfocolare...vecchi rancori.
La cosa, naturalmente, non piacque manco per niente ai ... “derubati” che, carabinieri in testa, si recarono a Tufillo per reclamare il maltolto.
I tufillesi, però, scorgendoli per tempo dalla sommità del paese, tagliarono a pezzi il tronco, “disperdendolo” nelle proprie abitazioni.
Che soddisfazione rimandare “a quel paese” e, per giunta, a mani vuote, i ... reclamanti, e poi andare a riscaldarsi con i loro ...ciocchi! Cose di paese, cose che rendono genuina la vita.
Oggi il rito della Farchia si svolge nei luoghi della cristianità, Chiese di San Vito e Santa Giusta; in passato, però, nella notte dei tempi, senza dubbio in era precristiana , esso era legato al Solstizio d’Inverno, per propiziare la rinascita del Sole.
E c’era, all’epoca, la Dea Herentas, associata alla Venere latina o, anche, alla Cerere greca, se non a Cibele. Era Lei, Herentas, che scandiva il passare del tempo e l’alternarsi delle stagioni.
La Farchia della notte di Natale rimanda, agendo sul sub-conscio, a queste atmosfere “arcaiche”. Herentas assiste anche oggi al rito?
Chissà! Ma dov’è Herentas? La cercano, a Tufillo. Hanno anche una mappa! E’ riportata, in lingua osca, su una chiave votiva rinvenuta in loco.
Dice : “Sono di Herentas e vengo da Agello” Agello, forse, è l’appellativo del Monte Farano, teatro, oggi, di spericolate esibizioni col parapendio.
Non è stato provato! L’indagine conoscitiva potrebbe partire dal palazzo del Marchese Carlo Maria Bassano, dal quale lo sguardo spazia ad Ovest e ad Est.
Da questo lato, specularmente a Tufillo, c’è il Molise delle minoranze etniche balcaniche. Allora... metti insieme il Trigno, il Monte Farano, il parapendio, il dirimpettaio Molise dagli echi orientali, Herentas e Lei (la Farchia), e vuoi vedere che ti ritrovi nel “Posto dell’anima”?
Nota: Desidero vivamente ringraziare il Prof. Ernano Marcovecchio, per la squisita ospitalità, la cortese disponibilità e la indiscutibile competenza messe, gentilmente, a mia disposizione.
a p (da “Terra e cuore” anno I n°5 Dicembre 2007)
Vedi anche: Tufillo Story; Tufillo e l'Albero del Desiderio