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Pretoro e il Lupo

Ricorrenza: la prima domenica di maggio

La prima domenica di maggio dopo la celebre kermesse di Cocullo, anche Pretoro celebra San Domenico Abate, con una festa in cui sono pre­senti anche le serpi e, se non proprio i serpari -che come categoria lavorativa sono da tempo scomparsi- almeno le persone in grado di cattu­rarle con lo scopo, del tutto simbolico, di liberare il territorio dal pericolo che deriverebbe dalla pre­senza ofidica.

Ma il punto centrale della festa, al di là delle celebrazioni liturgiche della processione, della devozione popolare che pure mantiene non pochi aspetti di interesse antropologico - come l'uso del laccetto benedetto, altrove perduto, che i devoti portano indosso per preservarsi dal morso degli animali rabbiosi, dalle febbre e a scopo protettivo e devozionale in genere - resta la sacra rappresen­tazione del lupo.

Subito dopo la processione parte dalle vie del centro storico un corteo rappresentante una fami­glia di boscaioli che si avvia al lavoro.

Gli attori sono, secondo l'antica drammaturgia, tutti uomi­ni, anche quello che rappresenta una contadina che reca sulla testa una cesta con un neonato, che secondo la consuetudine è l'ultimo nato del paese.

È da notare che prima di essere affidato agli attori il bambino è ornato di vistosi fiocchi rossi, contro il malocchio, per scongiurare eventuali pericoli ed esorcizzare il timore che deriva anche solo dalla finzione.

Anche la coperta che copre la culla è rossa.

La donna è vestita da pacchiana ed incede con molto sussiego, cercando di sottoli­neare, fino alla parodia, i caratteri femminili del personaggio.

La segue il marito, armato di scure e a dorso di un asino, su cui reca, oltre agli altri attrezzi di lavoro, anche una cesta con il cibo per la colazione.Subito dopo procede un uomo che reca un qua­dro raffigurante San Domenico.

Concludono il corteo altri attori di contorno e tra questi anche quello che svolgerà la parte del lupo.

Seguito da una grande folla, il gruppo si avvia verso una radura, appena fuori dell'abitato, dove da qualche anno, per motivi di sicurezza e di spa­zio, oltre che per sfruttare la scenografia naturale della zona, si svolge la rappresentazione che prima aveva luogo davanti la chiesa.

Giunti sulla radura, avendo alle spalle la folta vegetazione di un boschetto, gli attori danno inizio alla rappresentazione e mimano una scena fami­liare di lavoro,

La donna, prende ad accudire il bambino, cullandolo, facendogli mille moine e annuendo alle raccomandazioni del marito che la invita a vigilare attentamente sui pericoli che potrebbero venire dal bosco.

La donna a grandi cenni promette di stare attenta e il marito si avvia tra gli alberi per la rac­colta della legna.

Dopo qualche tempo la donna allestisce il desinare sull'erba e richiama il con­sorte.

Si svolge qui la parte comica della rappre­sentazione in quanto i due contadini mangiano e bevono allegramente e, tra la divertita partecipa­zione del pubblico, si scambiano esilaranti effu­sioni di affetto.

Subito dopo il pranzo il marito ritorna al lavoro e, mentre il bambino dorme nella culla, la donna si mostra affaccendata a radunare la legna tagliata.

Approfittando di un suo momen­to di distrazione l'attore che impersona il lupo, con il viso coperto da una maschera animalesca e il corpo avvolto in pelli, camminando carponi, con fare circospetto, esce dai bosco e rapisce il bambino, sollevandolo tra i denti.

La madre tenta di inseguirlo e gridando a gran voce, tra atti di profonda disperazione, richiama ilmarito che sopraggiunge brandendo l'ascia.

Ma il lupo è ormai lontano e a nulla valgono le ricerche affannose dei due, tra cui si svolge anche una scena di litigio, in quanto l'uomo accusa la moglie di essere stata poco vigile.Infine ambedue si gettano in ginocchio e con le braccia alzate verso il cielo prendono a invocare San Domenico Abate.

E questo il momento in cui viene collocato sulla scena il quadro del Santo, al cui apparire ritorna il lupo che, con fare docile e mansueto, ripone il bambino nella culla, per poi scomparire di nuovo tra la vegetazione.

Tra il sem­pre rinnovato entusiasmo del pubblico che grida frasi di lode a San Domenico Abate, i genitori riab­bracciano il bambino e ha fine la rappresentazio­ne.

Da qualche anno la tradizione è commentata da una voce fuori campo che recita un bellissimo poemetto in versi composto per l'occasione dal poeta dialettale Raffaele Fraticelli.

Fonte Edizioni Menabò – d’Abruzzo

tutti pazzi per la Civita

 

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